PROLOGO
Nel numero 71 di “CONFINI”, pubblicato lo scorso mese di febbraio, sono stati illustrati i molteplici progetti federativi europei succedutisi dall’antichità al XX secolo, caratterizzandoli con l’unico dato che li accomuna: il fallimento. L’articolo si conclude anelando la speranza che, prima o poi, si possano creare i presupposti per la realizzazione degli STATI UNITI d’EUROPA: una vera unione dei popoli sotto un’unica bandiera, con una lingua ufficiale, un governo federale, un parlamento con pieni poteri legislativi, un efficace esercito, forze dell’ordine e intelligence armonicamente strutturate per fronteggiare le minacce interne ed esterne. “Uniti nella diversità”, l’attuale motto della derelitta Unione Europea, va benissimo anche come motto dell’agognato progetto federale, purché associato a contesti formativi che sviluppino una vera coscienza europea e facciano percepire a ciascuno l’importanza di poter affermare: “La mia patria si chiama Europa”.
In questo articolo, tuttavia, non si parlerà di “sogni e speranze”, non fosse altro per non ribadire concetti abbondantemente reiterati, un po’ dappertutto, nell’ultimo mezzo secolo. Il prossimo 26 maggio si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo: è molto più opportuno, quindi, fare i conti con la realtà contingente e cercare di comprendere cosa serva per dare una effettiva e definitiva spallata ai mercanti che hanno violentato il continente e tramano per continuare a tenerlo sotto scacco. Non sarà facile sconfiggerli e dare avvio a quella catartica palingenesi che, dopo il necessario cupio dissolvi di tutte le nefaste strutture che ci hanno avvelenato la vita, possa davvero configurarsi come preludio per una “Nuova Europa”. Di seguito, pertanto, si riportano delle linee guida varate dal movimento “Europa Nazione”, di cui l’autore dell’articolo è presidente, che però non è presente nella competizione elettorale. Quanto più qualche partito dovesse contemplare nel proprio programma dei principi similari tanto più meriterebbe di essere preso in considerazione da chiunque realmente tenga a cuore la sorte del continente, il proprio futuro e soprattutto quello dei propri figli. A scanso di equivoci, tuttavia, è bene precisare che nel panorama politico in competizione, sia in Italia sia nel resto d’Europa, non esiste un solo partito compiutamente affine ad “Europa Nazione”. I partiti “cosiddetti” europeisti, proprio perché caratterizzati dal termine “cosiddetti”, inglobano tutto il marcio che va spazzato via. Tra i partiti giustamente ostili all’attuale Unione Europea, poi, non sono pochi quelli intrisi di un nazionalismo così marcato, da renderli refrattari a ogni progetto federativo. Bisogna prendere atto, pertanto, che in tempi brevi non è possibile realizzare nessun “serio” progetto unitario, ma solo chiudere i conti con la vecchia Europa. Correndo qualche rischio, certo. Ma alternative non ve ne sono.
BASTA CON SPRECHI E ASSURDI PRIVILEGI
I ladri rubano rischiando la galera; i politici lo fanno allegramente e senza rischi, legittimando i furti con leggi ad hoc. Non basterebbe un saggio di mille pagine per illustrare tutti gli sprechi scaturiti dalle norme che assicurano assurdi privilegi a chiunque operi, a qualsiasi titolo, nei contesti comunitari. Il Parlamento europeo ha due sedi: una a Bruxelles e una a Strasburgo. Il che vuol dire che ogni parlamentare ha due uffici, attrezzati al meglio. Le trasferte di parlamentari, assistenti, funzionari e personale vario sono costose e, ovviamente, impattano anche sulla qualità del lavoro. Come se non bastasse vi è anche una sede amministrativa a Lussemburgo. Siccome l’ingordigia è insita nella natura umana, si organizzano “missioni” con il solo scopo di consentire ai “missionari” di beneficiare delle cospicue indennità di trasferta. Gli studi per calcolare lo spreco sono molteplici e per lo più si valuta che il risparmio annuo, qualora il Parlamento operasse in una sola sede, ammonterebbe a oltre duecento milioni di euro. La sede unica, ovviamente, spezzerebbe le ali anche ai furbetti delle missioni fasulle.
Il Presidente degli USA percepisce uno stipendio annuo di 400mila dollari: più o meno 350mila euro. Il presidente della Commissione europea, sommando stipendio e indennità varie (residenza, espatrio, sussidio per i figli, spese di rappresentanza) raggiunge la bella cifra di circa 400mila euro. A cascata seguono gli stipendi dei commissari, dirigenti e funzionari, tutti altissimi, a prescindere dai disastri che provocano mentre si godono la vita a nostre spese. Un parlamentare europeo, mensilmente, percepisce i seguenti emolumenti: stipendio di 6.824,85 euro netti, 4.513 euro per spese di rappresentanza, 320 euro per ogni giorno di presenza, 24.526 euro per gli assistenti. Il totale, calcolando una media di 15-20 presenze mensili alle sedute, ammonta a circa 42mila euro netti. Niente male, soprattutto per chi concepisca il ruolo come “vacanza” (la maggioranza, considerato che il Parlamento non ha poteri effettivi), non produca nulla di concreto e pensi solo a sfruttarlo a proprio beneficio. A questo cospicuo importo, poi, vanno aggiunte le spese di trasferta, vitto e alloggio, rimborso delle spese mediche, utilizzo dell’auto di rappresentanza e tante altre prebende, qui non meglio specificate, retaggio della ben tollerata propensione allo spreco, che, da sole, valgono ancor più di quanto esposto perché consentono ai beneficiari di provare un sentimento da tutti ambito: “la felicità”. Il delirio di onnipotenza che ne scaturisce, ovviamente, è una logica conseguenza. Mettere ordine in questo scempio è il primo passo da compiere per ridurre la distanza siderale che separa i cittadini da chi li rappresenta.
CONSIGLIO, COMMISSIONE E PARLAMENTO: RIEQUILIBRIO DEI POTERI
Il Parlamento europeo non ha il potere dell’azione legislativa, espletato dalla Commissione europea, tra l’altro spesso “eterodiretta” dal Consiglio europeo, che dovrebbe limitarsi a definire l’orientamento politico generale e le priorità dell’Unione. Essendo composto, però, dai capi di Stato o di Governo dei paesi aderenti, con l’aggiunta del presidente della Commissione, di fatto assume funzioni che vanno ben al di là di quelle previste dai trattati e, sostanzialmente, stabilisce le direttive che la Commissione si limita a fare proprie, per poi sottoporle al Parlamento, che può solo emendarle. La sintesi non rende l’idea del “vero casino” che scaturisce dalla confusione dei ruoli, ma se scendo nei dettagli corro il rischio di procurare dolorose emicranie. In buona sostanza ciò che bisogna sapere è che il vero potere è esercitato dal Consiglio europeo, il Parlamento conta quanto il due di spade a briscola se la briscola è di un altro palo e la Commissione danza al ritmo imposto dal Consiglio, attenta sola a tutelare i propri privilegi. In tutto questo “baillamme” va anche detto che Francia e Germania la fanno da padroni, con le conseguenze che ben conosciamo. Mettiamo le cose a posto. Si conferisca al Parlamento il potere legislativo e il ruolo esercitato dal Consiglio, che va abolito perché occorre ridurre in toto il condizionamento esercitato dai vari governi. I parlamentari, avendo cura di porre all’attenzione generale i problemi dei paesi di provenienza, devono trovare soluzioni in un contesto di sano equilibrio. Alla Commissione siano riservati esclusivamente funzioni di vigilanza e controllo degli atti. Può anche continuare ad esercitare il ruolo di negoziazione degli accordi internazionali, purché ciò avvenga nel pieno rispetto delle direttive ricevute dal potere legislativo.
ECONOMIA
La realtà è sotto gli occhi di tutti e solo i mestatori possono ignorarla: le politiche di austerity hanno indebolito il ceto medio, reso i poveri più poveri e avvantaggiato esclusivamente i ricchi. Il passaggio all’euro si è dimostrato disastroso per l’errato rapporto di cambio, che ha creato gravi diseguaglianze nei vari stati. La disoccupazione e il crollo dei consumi ne sono stati la logica conseguenza. La Banca centrale europea è precipuamente al servizio delle banche e non dei cittadini e questo aumenta gli squilibri. Il suo ruolo deve essere completamente riveduto affinché funga da motore di spinta per l’economia reale e non per sostenere il sistema finanziario, che sappiamo essere marcio in ogni dove, come dimostrano i tanti scandali quotidianamente alla ribalta della cronaca. Parimenti, va assolutamente evitato che il Fondo Salva Stati si trasformi nel Fondo Monetario Europeo, come proposto dall’attuale Commissione, fomentata da Francia e Germania. Il compito del fondo sarebbe quello di salvaguardare la stabilità finanziaria nell’Eurozona, attivando linee di credito per salvare gli Stati a rischio di default. Questi ultimi, a loro volta, dovrebbero accettare riforme decise a tavolino, quasi sempre “insostenibili”, come ha dimostrato il caso Grecia. Di fatto si tratta di un vero e proprio ricatto che, se fosse perseguibile penalmente, secondo il nostro codice penale prevederebbe la reclusione da cinque e dieci anni. Vanno analizzate, invece, le cause reali dei disequilibri, combattute le distonie lì dove esistano e attuate soluzioni che prevedano, prima di ogni altra cosa, la tutela delle fasce più deboli. Poi è ben chiaro che non si debbano fare sconti a nessuno: la corruzione e l’improvvida gestione del potere politico in stati come Grecia e Italia sono state senz’altro concause importanti dello sfacelo, ma occorre perseguire i colpevoli senza penalizzare interi popoli. L’ingresso nell’Unione di paesi dove il costo del lavoro è basso e lo sfruttamento tollerato ha creato il triste fenomeno della delocalizzazione. È un fenomeno che va arginato con provvedimenti adeguati, perché non è possibile mantenere una Europa a due velocità e tollerare che gli industriali pratichino sfruttamento e schiavismo.
SVILUPPO SOSTENIBILE
L’argomento è stato diffusamente trattato nel numero 72 di “CONFINI” (marzo 2019). Qui basti dire che è ineludibile attuare al più presto un cambio di rotta a favore della “Green economy”, premiando le aziende che si convertano al nuovo corso. Più di ogni altra cosa, comunque, è importante perseguire duramente le aziende che inquinano e producono immani disastri ambientali. Questo processo investe necessariamente anche un’adeguata formazione sociale. È ben evidente, infatti, che i consumatori, se esaustivamente informati sui rischi che corrono nell’utilizzo di “certi prodotti”, anche in campo alimentare, smettessero di acquistarli, fornirebbero un utilissimo impulso al necessario rinnovamento.
AUMENTARE I SALARI E ARMONIZZARE I PREZZI DEI PRODOTTI
L’Unione europea ha fronteggiato la crisi economica iniziata nel 2008 in modo disastroso, togliendo risorse economiche ai servizi primari. Ospedali chiusi, mancati sussidi a scuole e tribunali, mancati interventi per la tutela dell’ambiente, abbandono degli anziani al loro triste destino, costituiscono solo gli esempi più eclatanti dei disastri causati dagli pseudo pacchetti anti-crisi – “Six Pact”, “Fiscal Compact” e “Two Pack” – varati dai burocrati di Bruxelles, che dovrebbero essere processati per crimini contro l’umanità, avendo rovinato la vita a milioni di europei e provocato decine di migliaia di morti. Bisogna invertire la rotta per rilanciare gli investimenti e favorire i consumi, che ovviamente risentono della mancanza di liquidità. Aumentare i salari non solo è possibile ma è doveroso, perché è importante soprattutto combattere lo sfruttamento “legalizzato”, che coinvolge tutta la sfera produttiva e assume connotazioni insostenibili in piccole aziende, aduse a praticare un vero e proprio ricatto nei confronti dei dipendenti. Reprimere questo triste fenomeno vuol dire compiere un atto di giustizia e dare una mano all’economia reale: con più soldi a disposizione le famiglie potranno soddisfare più bisogni, acquistando prodotti e servizi. Un ulteriore aiuto può venire da una drastica riduzione dei prezzi, che sempre più sfuggono alla logica del rapporto tra domanda e offerta e scaturiscono esclusivamente dall’abilità dei produttori, che fanno leva soprattutto sulla facilità con la quale oggi sia possibile gabbare i consumatori, disorientati dalla globalizzazione. Anche per questo argomento, al fine di evitare inutili ridondanze, si fa riferimento all’articolo pubblicato nel nr. 72 di “CONFINI”.
I GIOVANI
Noi adulti abbiamo fatto solo disastri e non abbiamo alibi. Siamo tutti colpevoli, anche se al servizio del “bene”, non fosse altro per non essere stati capaci di cacciare i mercanti dal tempio, lasciando che l’Europa deperisse, anno dopo anno, sotto i colpi nefasti dei poteri malati. Ora, se davvero una sorta di Nemesi riparatrice volesse darci un’ultima occasione, non sprechiamola e puntiamo tutto sui giovani, favorendo il “loro” processo di integrazione con iniziative mirate e ben studiate. Il progetto “Erasmus” è una delle poche cose buone partorite dall’attuale Unione, ma va potenziato economicamente e arricchito culturalmente. Servono più soldi per estenderlo a un numero maggiore di studenti e serve una preparazione propedeutica precipuamente orientata a inculcare l’idea dell’unione politica. Questa fase è molto importante perché, qualora trovasse pratica applicazione, consentirebbe di conferire ai giovani italiani un ruolo più caratterizzante rispetto a quello esercitato dai colleghi degli altri paesi, per i quali il progetto continuerebbe a essere solo un’occasione per allargare gli orizzonti conoscitivi di luoghi e persone e reperire possibili sbocchi professionali. Non dimentichiamoci mai che la meta si chiama “STATI UNITI d’EUROPA”.
Quelli elencati (lo ribadisco: insieme con quanto già scritto negli articoli citati) sono i punti principali che dovrebbero costituire l’ossatura programmatica di un partito che voglia davvero cambiare l’Europa. Non ho parlato della politica migratoria e di una equa redistribuzione dei migranti perché l’argomento merita ben altro spazio rispetto a quello disponibile in un paragrafo di un articolo. È ben chiaro, tuttavia, che la nuova Europa, se davvero prenderà corpo, dovrà affrontare seriamente il problema, senza perdersi nelle attuali catastrofiche azioni dilatorie. Parimenti non aggiungo nulla relativamente al possibile ruolo della nuova Europa nello scacchiere internazionale, che potrebbe essere quello di “faro del mondo”, non fosse altro che per scaramanzia. Per ora cerchiamo solo di chiudere i conti con la vecchia Europa, ossia quell’ansimante baldracca che ha puttaneggiato in tutti i bordelli, contraendo le peggiori infezioni.
Lino Lavorgna*
*Questo articolo è scritto dall’autore nelle vesti di presidente del movimento politico “Europa Nazione”.
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