Al Teatro Argentina di Roma
Roma, 21 mag. (askanews) – Quattro giorni per quaranta giovani talenti da tutto il mondo, guidati dall’eclettico violinista americano Robert McDuffie, fondatore e direttore artistico del festival, per un’intensa maratona cameristica trasversale ai generi, dal Barocco alle trascrizioni cameristiche dai Maneskin, nel più antico e nobile teatro storico della città, il Teatro Argentina. Che torna, grazie a Rome Chamber Music festival, alla sua originale vocazione settecentesca, la musica.
Candidato ai Grammy, vincitore dell’Emmy Award, dedicatario del celebre Concerto per Violino N.2 di Philip Glass (noto anche come The American Four Season), dedicatario del Concerto per violino, rock band ed orchestra d’archi di Mike Mills dei R.E.M, Robert McDuffie è una star internazionale innamorata da decenni di Roma, dove ha lungamente vissuto con la sua famiglia prima di fondarvi il Rome Chamber Music festival, enclave di vivace curiosità intellettuale ed intraprendenza americana nel cuore più antico della storia musicale romana, il settecentesco Teatro Argentina di Roma. Un grande teatro oggi noto per la sua stagione di prosa, ma che per almeno due secoli è stato centro musicale dei più importanti debutti romani: di Rossini, Mercadante, Donizetti, Verdi, fra i tanti.
Il festival propone impaginati che rispecchiano la vocazione trasversale e contemporanea di McDuffie, sempre teso alla ricerca dei repertori più accattivanti ed interessanti del panorama mondiale di oggi, quasi sempre molto poco frequentati in Italia: il primo giorno della rassegna ne è chiaro esempio con il rarissimo Andrè Gagnon e il suo Petit Concerto Pour Garignan, seguito dall’Appalakian Waltz di O’Connor, poi Vivaldi, infine Philip Glass con la trascrizione per sestetto d’archi della Sinfonia N.3 con la coreografia del grande Ricky Bonavita danzata da Compagnia Excursus. Il tutto eseguito sotto l’attenta guida di McDuffie dai giovani artisti in residenza provenienti dalle migliori scuole musicali del mondo, come Stauffer, Chigiana, Julliard, Courtauld, Cleveland School of Music, Buchmann-Metha, Avos ed Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
Il secondo giorno, 18 giugno, si esplora invece un repertorio tutto romantico, tra Schumann e Brahms, con la compagine giovane arricchita da due grandi maestri di solida esperienza e fama: Andrea Lucchesini al pianoforte ed Enrico Dindo al violoncello.
Il terzo concerto apre con il Trio Dumky di Dvoràk nei 120 anni dalla morte, con il pianista millennial palestinese Saeeb Diab, cresciuto in Israele alla scuola di musica Buchmann-Metha e la giovane violinista israeliana Hadar Zeidel, guidati dall’esperta violinista Rachel Ellen Wang, considerata fra i migliori violini barocchi di oggi; con un programma che non a caso si sviluppa in ambito antico, con Tartini, Porpora e Vivaldi.
Gran chiusura il 20 giugno con l’Appalachian Spring Suite per 13 strumenti di Aaron Copland con McDuffin alla testa dei giovani talenti in residenza e a seguire la prima esecuzione italiana di Maneskin and more, suite cameristica per pianoforte, due violini, viola, violoncello e contrabbasso del giovane ed affermato compositore americano David Mallamud, altro nome rarissimo in Italia nonostante la sua consolidata fama nel mondo anglosassone: qui, secondo una prassi antichissima nel mondo classico, la trascrizione porta un repertorio diverso, in questo caso eminentemente pop-rock, in una veste formalmente cameristica che ne esalta melodia e ritmica in una nuova interpretazione di grande suggestione emotiva.