7 Aprile 2016

Quando ci si separa perché uno dei due coniugi è omosessuale esiste l’addebito?

Partiamo da una domanda: è lecito o giustificabile ignorare la propria sessualità?? E’ davvero possibile che dopo aver convissuto con se stessi per enne  anni (30/40/50) ci si scopra essere omosessuali? Dunque attratti o innamorati  di persone del proprio sesso??? Non credo, al massimo poteva esserci una omosessualità sottesa, latente, non palesata, archiviata, ma giammai sopravvenuta;  in ciascuno di noi   esiste la coscienza -o se preferiamo- l’incoscienza di sapere chi siamo e quali sono i nostri gusti sessuali. Posso giustificare solo coloro che hanno soppresso la loro natura per vergogna, per paura, per conformismo, per non dare un dolore alla propria famiglia o perché condizionati dalla società, dunque per paura di essere  considerati e catalogati come “diversi”. E questo se succede ancora oggi (dove l’omosessualità è un diritto)posso ancor di più giustificare chi ha attraversato questa fase/fobia anni addietro, dove  l’omofobia era collettiva e pubblica. Per cui pur essendo conclamata la propria omosessualità, essa è stata soppressa o nascosta. 

8 Aprile 2016

Affido condiviso: “La Bigenitorialità”

Con l’entrata in vigore della legge 8 febbraio 2006, n. 54, è stato sancito il principio della BIGENITORIALITA’, ovvero L’Affido Condiviso, ossia il diritto dei figli a continuare a mantenere rapporti diretti  con ciascun genitore. Viene dunque riconosciuta una centralità al minore, nonché principalmente  la sua esigenza di continuare a mantenere invariati i contatti con entrambi i genitori: madre e padre. Indistintamente! Per cui nelle ipotesi di separazione matrimoniale si parla di Diritti del minore,   e non più, e non solo, di diritti del coniuge. O della famiglia in generale.
Dunque si sancisce anche a livello costituzionale, da una parte il DIRITTO (assoluto ed inviolabile) DEL MINORE a ricevere l’educazione e la cura da entrambi i suoi genitori, dall’altro il Dovere ed il Diritto (irrinunciabile) di entrambi i  Genitori a non essere privati senza motivo dell’esercizio della funzione educativa che permane, dunque, anche dopo la separazione.

13 Aprile 2016

Si separa anche chi non ha reddito

La separazione (consensuale o giudiziaria che sia) è un diritto, e come tale deve essere esercitato da tutti ed in qualsiasi momento; pertanto, la mancanza di reddito, e quindi l’impossibilità di rivolgersi ad un legale per intraprendere una separazione, non può essere considerato un impedimento. Infatti, anche per chi voglia separarsi, e quindi intraprendere un’azione giudiziaria dinanzi al Tribunale,  esiste il gratuito patrocinio, che e' un beneficio previsto dalla  nostra Costituzione (art. 24 Cost.). Tutti, infatti, devono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. E sono assicurati ai non abbienti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione con  appositi istituti. Ossia il cosiddetto  "patrocinio a spese dello Stato", che consenti di fornire assistenza legale gratuita a chi non è in grado di sostenere le relative spese legali.

20 Aprile 2016

Negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio

Nell’ordinamento italiano, il matrimonio viene ampiamente disciplinato nel Libro Primo delle persone e della famiglia, dove agli articoli 150 e 151 del codice civile, viene contemplata rispettivamente l’ipotesi di  separazione consensuale e quella di separazione giudiziale. Entrambe, prevedevano necessariamente il ricorso al Tribunale, in quanto, infatti, acquista efficacia e valenza la separazione anche nel caso essa sia su base consensuale, solo mediante omologa del giudice. Finalmente, oggi, dopo svariati tentativi di modificare e semplificare il procedimento di separazione, specie se voluto da entrambi i coniugi,  il  D.L. 132/2014  convertito in legge con modifiche il 10 novembre 2014 dalla  legge n. 162, nell’ambito del riassetto del processo civile e per la riduzione dell’arretrato giudiziario, ha introdotto due possibilità: scegliere la  negoziazione assistita  da avvocati (art. 6,  D.L. 132/2014) (che riducono notevolmente i tempi della procedura); oppure  concludere un accordo presso l’ufficio dello Stato Civile, in presenza, però, di determinate condizioni (art. 12). 

28 Aprile 2016

Negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio

Nell’ordinamento italiano, il matrimonio viene ampiamente disciplinato nel Libro Primo delle persone e della famiglia, dove agli articoli 150 e 151 del codice civile, viene contemplata rispettivamente l’ipotesi di  separazione consensuale e quella di separazione giudiziale. Entrambe, prevedevano necessariamente il ricorso al Tribunale, in quanto, infatti, acquista efficacia e valenza la separazione anche nel caso essa sia su base consensuale, solo mediante omologa del giudice. Finalmente, oggi, dopo svariati tentativi di modificare e semplificare il procedimento di separazione, specie se voluto da entrambi i coniugi,  il  D.L. 132/2014  convertito in legge con modifiche il 10 novembre 2014 dalla  legge n. 162, nell’ambito del riassetto del processo civile e per la riduzione dell’arretrato giudiziario, ha introdotto due possibilità: scegliere la  negoziazione assistita  da avvocati (art. 6,  D.L. 132/2014) (che riducono notevolmente i tempi della procedura); oppure  concludere un accordo presso l’ufficio dello Stato Civile, in presenza, però, di determinate condizioni (art. 12).  Nello specifico, vengono previste due nuove ipotesi:  “la convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o divorzio” (art. 6); e “la separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all’ufficiale dello stato civile” (art.12). Il discrimine tra le due ipotesi è la presenza o meno di figli minorenni, maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, incapaci, portatori di handicap grave.