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Salute: dolore cronico e depressione, risposta nella neuroinfiammazione

SanitàSalute: dolore cronico e depressione, risposta nella neuroinfiammazione

ROMA – Dolore cronico e depressione sono due condizioni in costante crescita a livello globale, spesso presenti insieme e difficili da trattare separatamente. Secondo dati recenti, circa il 61% dei pazienti con dolore cronico soffre anche di depressione, mentre oltre la metà dei soggetti depressi lamenta sintomi dolorosi persistenti. Una nuova prospettiva arriva dalla ricerca scientifica che concentra l’attenzione sulla neuroinfiammazione, una risposta infiammatoria del sistema nervoso periferico e centrale che potrebbe rappresentare il denominatore comune tra queste due patologie.

“Si tratta di un’infiammazione del sistema nervoso, silente ma cronica – spiega la professoressa Flaminia Coluzzi, docente di Anestesia e terapia del dolore all’Università Sapienza di Roma, Aou S. Andrea – che altera l’equilibrio dei neurotrasmettitori ed è mediata da cellule immunitarie del midollo spinale e del cervello, come la microglia. Queste ultime rilasciano molecole pro-infiammatorie che influenzano negativamente sia l’umore sia la percezione del dolore”.

Il dolore cronico interessa oggi tra il 20% e il 25% della popolazione mondiale, con forme che spaziano dall’oncologico al non oncologico, nelle diverse tipologie di dolore nocicettivo, neuropatico o nociplastico. La depressione colpisce oltre 350 milioni di persone nel mondo. In entrambe le patologie, molti pazienti rispondono solo parzialmente ai trattamenti tradizionali e spesso l’ottimizzazione della terapia è limitata dalla scarsa tollerabilità dei farmaci che possono avere un impatto rilevante sulla qualità della vita.

“Numerose evidenze precliniche e cliniche confermano che il controllo della neuroinfiammazione, tramite molecole capaci di modulare l’attività delle cellule microgliali responsabili di questi processi, può rappresentare un elemento chiave per potenziare l’efficacia dei farmaci antalgici soprattutto in quei pazienti refrattari o che non tollerano adeguatamente le terapie standard. La comorbidità tra dolore e depressione non è dunque una semplice coincidenza. Oltre alla presenza di neurotrasmettitori comuni, come la serotonina e la noradrenalina, che risultano coinvolti in entrambe le condizioni cliniche – aggiunge Coluzzi – la neuroinfiammazione gioca un ruolo essenziale in aree cerebrali cruciali, come la corteccia cingolata anteriore e la corteccia prefrontale, che sono coinvolte nell’elaborazione emotiva e della percezione dolorosa. Per questo serve un approccio terapeutico integrato e mirato».

In questo scenario, accanto al ruolo centrale della neuroinfiammazione, anche il sistema endocannabinoide si impone come protagonista: un raffinato meccanismo di regolazione endogena, cruciale nel controllo del dolore, dell’infiammazione e dell’umore.

“L’anandamide, un endocannabinoide prodotto naturalmente dal nostro organismo, ha dimostrato di possedere effetti analgesici, antinfiammatori e antidepressivi – precisa la professoressa – Fisiologicamente l’enzima FAAH (Amide idrolasi degli acidi grassi) è responsabile della sua inattivazione. Studi preclinici indicano che modulare l’enzima FAAH, può aumentarne la disponibilità, aprendo così nuove strade terapeutiche per agire contemporaneamente su dolore e depressione”.

Queste scoperte aprono la via a terapie “multi-target”, capaci di agire su più meccanismi biologici che costituiscono il modello bio-psico-sociale di dolore cronico.

“Il futuro delle cure – conclude l’esperta – è nella collaborazione interdisciplinare e nella personalizzazione del trattamento. Solo così potremo superare i limiti delle terapie attuali e migliorare concretamente la qualità di vita dei nostri pazienti”. 
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