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Non è diffamazione dare dell’evasore alla controparte

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Un Giudice di Pace aveva assolto due Avvocati accusati del reato di diffamazione aggravata ai danni di una persona, controparte processuale in un giudizio di separazione non consensuale, avendolo definito come un evasore fiscale, posto che in un atto depositato nell’ambito di detto giudizio avevano affermato testualmente che l’uomo poteva contare “su entrate non fiscalizzate”.

A tale proposito merita di essere ricordato come l’art. 595 del Codice Penale prevede che venga punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032, la condotta di chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione. Inoltre se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.

Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516. Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.

Sempre in tema, inoltre, va altresì evidenziato come l’art. 598 del Codice Penale, rubricato «Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative», prevede che non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all’autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un’autorità amministrativa, quando le offese concernono l’oggetto della causa o del ricorso amministrativo.

A tale proposito il Giudice, pronunciando nella causa, può, oltre ai provvedimenti disciplinari, ordinare la soppressione o la cancellazione, in tutto o in parte, delle scritture offensive, e assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Qualora si tratti di scritture per le quali la soppressione o cancellazione non possa eseguirsi, è fatta sulle medesime annotazione della sentenza.

In relazione alla norma in questione, la Corte di Cassazione ha più volte affermato la necessità che le espressioni ingiuriose concernano, in modo diretto ed immediato, l’oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata o per l’accoglimento della domanda proposta, con la conseguenza che non può sussistere alcun diritto ad offendere persone estranee e non collegate in modo diretto alla domanda proposta al Giudice.

Per quanto concerne l’elemento psicologico del reato, i Giudici di legittimità hanno in più circostanze affermato come sia sufficiente il dolo generico, consistente nella volontà cosciente e libera di propagare notizie e commenti con la consapevolezza della loro attitudine a ledere altrui reputazione.

Impugnata l’assoluzione da parte del PM, la Corte di Cassazione (Sez. V penale, sentenza 15 febbraio 2023 n. 6314) ha confermato l’assoluzione dei due legali, evidenziando come l’espressione contestata agli imputati (“può contare su entrate non fiscalizzate“) non conteneva in sé quella valenza denigratoria, screditante ed inutilmente aggressiva che costituisce il necessario presupposto della tipicità del reato, risultando d’altronde la stessa inserita nel contesto difensivo avente natura strettamente tecnica e collegata alla oggettiva situazione finanziaria – non necessariamente rimandante all’illecito dell’evasione fiscale – della persona offesa, priva di contenuto strettamente diffamatorio.

Lucio Giacomardo

Immagine di jcomp su Freepik

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