Incipit
“Il simbolo desta un presagio, mentre la lingua può solo spiegare. Il simbolo fa vibrare le corde dello spirito tutte insieme, mentre la mente è costretta a darsi a un singolo pensiero per volta. Il simbolo spinge le sue radici fino alle più segrete profondità dell’anima, mentre la lingua giunge a sfiorare, come un lieve alito di vento, la superficie dell’intelletto: quello è orientato verso l’interno, questa verso l’esterno. Solo al simbolo riesce di raccogliere nella sintesi di una impressione unitaria gli elementi più diversi. Le parole fanno finito l’infinito, i simboli conducono invece lo spirito di là delle frontiere del mondo finito e diveniente, verso il mondo infinito e reale”. (J.J. Bachofen)
La vittoria dell’Ucraina all’Eurofestival
Sabato, 14 maggio, quando il conduttore dell’Eurofestival ha annunciato i voti provenienti da tutta Europa, che hanno ribaltato quelli della giuria, proiettando al primo posto la toccante canzone della Kulash Orchestra, “Stefania”, è stato come se i popoli europei si fossero stretti la mano e avessero pensato all’unisono la stessa cosa: “Oltre la musica, deve vincere l’Ucraina”. La canzone è bella, senza dubbio, ma a nessuno può sfuggire come la vittoria sia stata fortemente condizionata dai fatti contingenti che vedono un popolo allo stremo ed eroici soldati capaci di combattere con uno spirito che non appartiene al “nostro tempo”, inducendo tutti noi a fare quotidianamente i conti con la nostra coscienza, con quell’effimero che assume una spropositata importanza e con problemi di poco conto ingigantiti dalla incapacità di conferire il giusto peso alle cose. La vittoria dell’Ucraina, quindi, assume quell’alto valore simbolico che trascende i limiti della natura umana e fa vibrare le corde dello spirito più di quanto possa accadere con qualsiasi altra cosa, proprio come preconizzato da Bachofen. La musica è riuscita a infrangere tutte le barriere e a trasformare l’Europa in un’unica grande nazione, unita senza riserve nel sostegno a “una parte di essa” vessata dalla tirannide. “Europa unita”, altra espressione che fa vibrare le corde dello spirito e infonde coraggio, soprattutto alla luce della ferocia che si registra lì dove si tenta di attentare alla sua “sovranità”. “Serve un missile su Torino”, ha commentato stizzita la conduttrice russa Yulia Vityazeva, auspicando che la città della Mole fosse bombardata con un “missile Satana”, il terribile strumento di morte capace di trasportare ben otto testate nucleari! Come se la vittoria del gruppo ucraino fosse stata sancita dalla volontà di una città e non da quella di un intero continente. Metafora simbolica, quindi, utilizzata in chiave negativa. Del resto così si ragiona da quelle parti, quando le cose vanno in modo difforme da come si desideri: si parla di bombe atomiche con la stessa facilità con la quale il sabato sera noi discutiamo su che tipo di pizza scegliere in pizzeria, come ben traspare anche da quanto accaduto dopo la richiesta di adesione alla Nato da parte della Finlandia: il deputato Aleksey Zhuravlyov, vicepresidente della Commissione Difesa del Cremlino, ha candidamente dichiarato che, in caso di necessità, con il missile Kinzhal la Finlandia sarebbe ridotta in cenere in soli dieci secondi! Minacce analoghe – basta sfogliare i giornali degli ultimi due mesi per rendersene conto – si sono succedute con ritmo quotidiano nei talk show russi, di volta in volta rivolte a tutti i Paesi occidentali.
Tutti in vacanza in Svezia e Finlandia
Che risposta si può dare alla “follia” che trasuda ai vertici di una potenza il cui popolo, ne siamo sicuri, di là dalle apparenze, in massima parte è atterrito quanto noi da ciò che è costretto a subire? Istintivamente viene voglia di rispondere a tono, ma poi la maggiore capacità raziocinante ben ci suggerisce che con certi soggetti è inutile discutere. Resta il fatto che fanno paura. Fanno così paura che Svezia e Finlandia hanno deciso di abbandonare il loro secolare status di neutralità e “rifugiarsi” nella Nato, per sentirsi più protette. Si può ben immaginare cosa possano pensare poco più di cinque milioni di cittadini, che condividono un lungo confine con uno Stato iper militarizzato, quanto sentono che potrebbero essere polverizzati in dieci secondi!
Se le parole servono a poco, quindi, scegliamo ancora la via del “simbolismo” per dimostrare che l’Europa è unita, che non ha paura delle minacce, che è solidale con chi soffre e con chi subisce angherie e che non permetterà a nessuno di violare il suo sacro suolo.
Sono Paesi stupendi, Svezia e Finlandia, e non a caso le loro città annualmente troneggiano la classifica che indica i luoghi con la migliore qualità della vita.
Questa estate, quindi, sarebbe bello se milioni di turisti “invadessero” i due Paesi. Soprattutto i giovani facciano in modo che i media recepiscano il loro messaggio d’amore e di pace e ne parlino costantemente. In Finlandia creino una ideale catena umana lungo il confine con la Russia, visitando le città e i siti lacustri più belli: Nellim, Naruska, Onkamo, Lappeenranta, Kotka, per poi raggiungere Helsinki e godersi la città che, per antonomasia, risulta la più vivibile del mondo.
Si faccia sentire con forza la presenza dell’Europa. Una forza che deve scaturire soprattutto dai sorrisi e dalla fresca giovialità che solo i giovani sanno far trasparire. Sarà questa forza che, più delle armi, potrà far “ragionare” chi delle armi intenda servirsi per terrorizzare coloro che non hanno nulla contro il popolo russo, del grande Paese amano l’arte e la cultura e desiderano solo poter ritornare a passeggiare, con serena armonia, tanto sulla Prospettiva Nevskij quanto sulla Piazza Rossa. Serena armonia che può essere assicurata solo da un governo che si dimostri “amico” dell’Occidente e non minacci di bombardarlo con testate nucleari un giorno sì e l’altro pure.
Lino Lavorgna
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