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Minorenne e rapporto consenziente con il compagno della madre

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Un uomo veniva condannato alla pena di due anni e sei mesi di reclusione per aver compiuto atti sessuali con una minore di diciotto anni, figlia della propria convivente, in cambio di corrispettivi in denaro. Detti rapporti, peraltro, erano stati preceduti da una relazione affettiva, sempre clandestina, con la stessa minore.

Proposto ricorso avverso detta condanna, la Suprema Corte di Cassazione, terza sezione penale (sentenza 1° marzo 2023, n. 8735), ha osservato come secondo l’articolo art. 609-quater del Codice Penale la nozione di abuso di potere postula che l’autore del reato abbia ottenuto il consenso della vittima al compimento degli atti sessuali mediante l’uso distorto dei poteri di direttiva e di comando connessi alla sua posizione di supremazia.

L’abuso di poteri connessi alla posizione del soggetto che agisce nei confronti della vittima del reato, deve così costituire il mezzo per compiere gli atti sessuali, approfittando dello stato di soggezione che deriva dall’affidamento, e cioè il mezzo per costringere il minore al rapporto sessuale o, almeno, per influenzarne la volontà, in modo che il suo eventuale consenso risulti viziato.

Per meglio comprendere quanto affermato dai Giudici di legittimità, è opportuno ricordare che, al di fuori dei casi previsti dall’art. 609-bis del Codice Penale commette reato l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato, o che abbia con quest’ultimo una relazione di convivenza, il quale, con l’abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici.

Viene così punito il compimento di atti sessuali con persona che, per via dell’età, non era in condizione di prestare un valido consenso a tali soggetti, per così dire qualificati, sebbene lo abbia eventualmente “formalmente” prestato. Nella fattispecie concreta, peraltro, secondo quanto accertato dai Giudici di merito e confermato dalla Cassazione, risultava che vi era stato un “rapporto amoroso” tra l’imputato e la minore ultra-sedicenne, figlia della convivente dell’uomo e che, proprio in ragione del ruolo “para genitoriale” rivestito dall’uomo, a prescindere da quella che poteva essere ritenuta una “relazione amorosa”, vi era stato un “condizionamento” nella formazione del consenso della minore ultra-sedicenne. Da qui la conferma della condanna.

Lucio Giacomardo

Immagine di fabrikasimf su Freepik

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