NAPOLI – Mamme preoccupate perché i figli sono fan di serie tv violente? Gli psicologi rassicurano: “Sento di escludere un legame diretto tra le fiction e i comportamenti violenti dei giovani, anche perché le teorie sull’emulazione sono state disconfermate a partire dagli anni ’70”, è questo il punto di vista del presidente dell’Ordine degli Psicologi della Campania, Armando Cozzuto sulla materia. “Dovremmo piuttosto interrogarci più sul contesto sociale- prosegue- e su come poter intervenire, perché se abbiamo dei ragazzi che hanno un’arma in mano già da bambini, non possiamo dare le responsabilità a una fiction, che non fa altro che narrare in chiave televisiva una realtà”. Il possibile impatto sui giovani delle serie tv che raccontano storie di minori autori di reato è stato al centro del convegno dal titolo ‘Dialoghi sull’oscurità: il contributo della psicologia sui minori autori di reato‘, organizzato a Napoli dall’Ordine degli Psicologi della Campania.
Un confronto che ha coinvolto l’assessora regionale alla Scuola, Politiche sociali e Politiche giovanili, Lucia Fortini; il direttore dell’Istituto penale per minorenni di Nisida, Gianluca Guida; l’attrice Giovanna Sannino, che interpreta Carmela Valestro nella serie tv Mare fuori; Francesco Pinto, produttore associato Picomedia di Mare Fuori; Mauro Girmoldi, psicologo giuridico ed esperto di criminologia minorile e disturbi del comportamento in adolescenza.
“LE FICTION RACCONTANO UNA REALTÀ ROMANZATA”
“Viviamo in una città complessa – aggiunge Cozzuto – e abbiamo assistito negli ultimi mesi a eventi che hanno portato alla morte di giovani ragazzi. Abbiamo voluto attivare un confronto con i referenti istituzionali per comprendere come fare prevenzione e intervenire su una tematica che sensibilizza molto l’opinione pubblica e molto spesso porta a etichettare i genitori e le scuole”.
Quando si affrontano fenomeni complessi, fa notare Cozzuto, “non è possibile ricorrere a una spiegazione di tipo causa-effetto. Ritengo che le fiction non facciano altro che raccontare una realtà – aggiunge – tra l’altro romanzata. Se poi vogliamo interrogarci anche sugli aspetti emulativi possiamo farlo, ma sicuramente la causa non è da rintracciare lì”.
“Penso che le persone debbano sempre trovare un capro espiatorio con cui prendersela – dice Sannino, tra i protagonisti della serie tv coprodotta da Rai e Picomedia- Prendersi le responsabilità di qualcosa che non va, che sia familiare o sociale, è sempre molto complicato. Noi siamo degli strumenti che raccontano la realtà, che sia vera o romanzata. Mare fuori lancia un messaggio, ovvero che nessuno si salva da solo. Tutti i ragazzi sbagliano, ma hanno la possibilità di ricominciare grazie ad adulti sani”.
Nel corso della tavola rotonda si è discusso anche dell’impatto che possono avere i social, in particolare Tik Tok. “È una piattaforma estremamente potente – avverte Cozzuto – e, come tutti gli strumenti potenti, è foriera di aspetti critici. In alcuni Paesi ha anche cominciato a introdurre un sistema basato sulla ricompensa, che va ad aumentare la dipendenza dall’utilizzo. Sicuramente una riflessione va fatta, ma credo sempre che il problema non sia il social in sé, ma l’utilizzo che se ne fa”.
Sulla stessa linea Sannino: “Da giovane che utilizza queste piattaforme – spiega – non credo che possano influenzare così tanto una mentalità, tanto da portare un giovane su strade sbagliate o criminali. Penso che tutto stia nell’educazione, nella scuola, nelle istituzioni, nella vita che si vive, nei percorsi che fortunatamente o sfortunatamente si intraprendono. Questo è ciò che fa una persona, poi se si sta un po’ di più sui social sicuramente non si finisce per diventare malavitosi”.
L’articolo “‘Mare fuori’ non causa emulazione tra i giovani: gli psicologi campani a confronto sul binomio fiction- violenza proviene da Agenzia Dire.
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