Si dice che non è davvero estate se al cinema non c’è una buona dose di horror e quest’anno a sbarcare nella sale è The Twin – L’altro volto del male, film diretto dal finlandese Taneli Mustonen, qui alle prese con la sua prima opera di interesse internazionale.
La storia che ci viene narrata parte da un tragico incidente che coinvolge la famiglia di Rachel ed Anthony, rispettivamente marito e moglie, i quali perdono uno dei loro due gemellini. Per ricominciare un nuovo capitolo della loro vita e tentare di superare questo gravissimo lutto, decidono di trasferirsi in Finlandia, nella vecchia casa di alcuni avi di Anthony, abbandonando definitivamente gli Stati Uniti.
Ma ciò che avrà inizio in Finlandia sarà un inquietante capitolo della loro vita, popolato da forze malvage, le quali riporteranno alla luce delle terribili verità su l’unico figlio rimasto ai due coniugi, Elliot.
Il film non vanta di certo un soggetto originale, ma in fin dei conti non si ha mai la pretesa paradossale che un horror possa proporre temi totalmente nuovi all’universo cinematografico di genere. Le paure e gli argomenti che generano angoscia si ripetono all’infinito perché ciò che conta davvero in un film dell’orrore è il punto di vista, il focus su certi dettagli che rendono il tutto memorabile, facendolo distinguere da tutto quel marasma di filmetti fatti con lo stampino.
The Twin ha di positivo le premesse, che apparentemente si presentano interessanti e macabre, questo perchè le storie con determinate ambientazioni e certi scenari culturali centrano quasi sempre il bersaglio dell’inquietudine. Quasi sempre appunto. Dal momento che un racconto cinematografico non consiste di sole premesse, è importante se non determinante, avere gli strumenti e i contenuti giusti per continuare lo sviluppo della storia.
E qui purtroppo inizia a traballare la stabilità del film che un po’ per approssimazione un po’ per leggerezza si lascia andare a colpi di scena poco credibili. Il regista finlandese, alle prime armi con il genere horror, cede il passo alla nostalgia, omaggiando molti film del passato, il che fa anche piacere ad un pubblico di cinefili, ma resta di primaria importanza ciò che viene raccontato ed in questo caso si tratta di qualcosa di simile a tanti altri film su questa scia. Manca il tratto personale che possiede un James Wan, manca l’audacia di un Ari Aster. Manca la carne sul fuoco e senza carne si sa, non ci si sazia.
Giada Farrace
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