Parlando di relazioni sentimentali, Platone affermava che ogni individuo ha bisogno di un completamento del suo essere, del raggiungimento di una dialettica complementare all’unione tra due metà perfettamente compatibili. Ora partendo da questa premessa di stampo filosofico (al giorno d’oggi alquanto ottimistica), nel tempo si è giunti a conclusioni sull’amore molto più concrete e distanti dalle idee di Platone. L’amore è ricerca continua e attrazione il più delle volte tra poli opposti, capaci di fare, della reciproca diversità, tesoro per una crescita interiore.
Il regista e sceneggiatore Alessio Maria Federici, sceglie di raccontare attraverso una doppia linea narrativa le storie di due coppie, diametralmente opposte, composte da personaggi molto diversi tra loro. L’una più fredda e cinica per certi versi, i cui passi, alle volte fragili, vengono mossi da un apparente distacco nonché da penuria di romanticismo. L’altra invece, molto più viscerale, viaggia su binari sensibili e sdolcinati seppur maggiormente connessi ad una stabilità spirituale. Ma si sa che tutte le convinzioni che si hanno sull’amore sono destinate puntualmente a crollare, e così nel film si susseguono scene in cui vengono ribaltate le due storie con dei continui scambi di coppia.
Una netta amplificazione di quello che fu nel lontano 1998 Sliding Doors di Peter Howitt, un esperimento sulla centralità dell’elemento destino nelle vite di ciascun individuo e di come esso sia il principale responsabile della serenità nelle nostre esistenze (nonché in questo specifico caso, della gratificazione nelle relazioni di coppia). Sebbene la storia si presenti piuttosto scorrevole e godibile, il film risente del pesante fardello del torpore in cui sta sprofondando la commedia italiana. Nello specifico, non si punta il dito contro il contesto (anche se alle volte risulta troppo forzato), ma contro la debolezza di una storia in nuce già portata al cinema da tanti altri autori prima di Federici. Ancor più allarmante è che un colosso come Netflix abbia puntato su un prodotto molto modesto e lontano anni luce da tutte quelle produzioni estere originali. Per l’ennesima volta siamo di fronte all’atteggiamento sbagliato nei confronti di un settore che dovrebbe rifiorire o almeno tentare di farlo.
Giada Farrace
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