Si dice che tutti i più grandi artisti e scrittori siano ossessionati durante tutta la loro carriera da un concetto, da un personaggio o più semplicemente da un’idea. Nel cinema lo si chiama “tema ricorrente” ed è frequente rintracciarlo in alcune filmografie.
Procedendo per esempi, ciò che rappresenta un tema ricorrente per Dario Argento è l’identikit ben preciso del serial killer, animato da oscure perversioni e contraddistinto da un look iconico: guanti in pelle nera, volto coperto. Per Woody Allen un tema ricorrente è sintetizzato da quel personaggio fuori dalle righe, distratto e goffo alle prese con un’infinità di ansie e fobie (onnipresente in tutta la sua carriera di regista e attore). Così come questi due grandi artisti, anche nel mondo della letteratura esistono dei concetti e delle storie che non smettono mai di sopravvivere, trovando sempre spazio in nuovi contesti. E’ il caso di Elena Ferrante e del suo volerci raccontare attraverso i suoi romanzi alcune ossessioni.
Nella quadrilogia de L’amica geniale, siamo di fronte ad una continua e alle volte irrefrenabile rivelazione, che porta molti personaggi ad andare fuori rotta, con tutte le conseguenze drastiche che ciò comporta. Nella serie Netflix, La vita bugiarda degli adulti, ispirata all’omonimo romanzo della Ferrante, accade evidentemente la medesima situazione di sovvertimento. Siamo negli anni 90, Giovanna è adolescente e inizia ad essere insofferente a tante cose, un atteggiamento molto comprensibile di ribellione ad alcuni schemi soffocanti. Il rendimento a scuola peggiora, così come il suo umore e questo porta il padre a paragonarla in modo quasi sprezzante a quella zia Vittoria, allontanata dalla famiglia e di cui nessuno parla mai. Incuriosita, Giovanna decide di incontrarla e tra le due nasce da subito un’intensa chimica che finirà per legarle profondamente.
Sarà proprio la figura di Vittoria a rimuovere quel velo di finta decenza che accompagna la realtà di Giovanna e che appartiene soprattutto ad un padre, presuntuoso e meschino che nasconde la sua vera natura dietro un’apparente ritratto da rispettabile uomo di cultura. La serie, diretta da Edoardo De Angelis, è un racconto coinvolgente in una Napoli distorta quasi surreale, come direttamente emersa da una visione onirica. Menzione speciale a Netflix che inizia a dimostrare quel coraggio e quel carisma, necessari per la gestazione di certi prodotti lontani da ottuse logiche di mercato.
Giada Farrace
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