Niente è più difficile del narrare attraverso il cinema un personaggio che ha segnato un’intera generazione di lettori, edificando un immaginario che continua a vivere di luce propria anche a distanza di decenni.
I Manetti Bros sognavano da tempo di poter metter mano su un progetto tanto ambizioso quale quello di trasporre su grande schermo il ladro più feroce e affascinante di tutto l’universo fumettistico, Diabolik. Disponibile su Sky Cinema Uno in prima assoluta dal 2 maggio, Diabolik è forse l’esperimento cinematografico più sorprendente che il cinema italiano abbia proposto quest’anno.
La vicenda raccontata è ispirata al terzo capitolo della serie ‘L’arresto di Diabolik’ pubblicato nel lontano 1963 dal genio delle sorelle Giussani, all’interno del quale Diabolik, dopo esser sfuggito per l’ennesima volta all’ispettore Ginko, incontra la ricca e seducente ereditiera Eva Kant, la quale possiede un preziosissimo diamante rosa, finito nel mirino del famigerato ladro.
E’ chiaro che il tratto più difficile da restituire nel film è quell’alone di mistero e sofisticata efferatezza che contraddistingue il fumetto: un’atmosfera molto particolare e conturbante che rende la città di Clearville uno scenario quasi impenetrabile.
E dal canto loro i registi provano a dare forma a personaggi e situazioni molto simili a quelle raccontate nel fumetto. Si raggiunge un certo grado di accuratezza nel gestire dialoghi, costumi ed impianto scenico, ma il grande ostacolo ad una tridimensionalità di questo coraggioso progetto sta nell’assenza di un’aderenza ai ruoli da parte degli interpreti.
A mancare infatti, è un impianto solido nella recitazione che resta un po’ troppo ancorata alla posa, all’aspetto manieristico tipico del fumetto. Se la volontà era quella di rimanere molto prossimi all’estetica proposta dalla matrice su carta, l’intento può dirsi riuscito, ma se l’obiettivo era quello di proporre un contenuto capace di comunicare all’interno di un substrato multiforme come quello cinematografico attuale, il risultato è alquanto tiepido.
Il Diabolik dei Manetti è senza dubbio un progetto originale e realizzato con estrema fierezza, ma la scelta di proporlo seguendo quasi pedissequamente alcuni tratti del fumetto equivale ad intrappolarsi in un’operazione anacronistica, di complicata assimilazione per lo spettatore di oggi.
Nonostante le numerose candidature ai David di Donatello, il film è rimasto per lo più a bocca asciutta aggiudicandosi soltanto il premio per la miglior canzone originale (La profondità degli abissi composta e interpretata dal grandissimo Manuel Agnelli). Un vero peccato per l’impegno e per l’occasione mancata.
Giada Farrace
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