Ciò che ha rappresentato Gomorra per migliaia di telespettatori e per la realtà seriale moderna è qualcosa di estremamente rivoluzionario, per non dire inedito. Era il 2014 quando vide per la prima volta la luce questo fortunato progetto seriale, riuscendo ad appassionare anche quel pubblico più insofferente alle storie incentrate sulla criminalità, a quei racconti parabola del male più insidioso.
Il motivo che ha spinto una pluralità importantissima di spettatori a seguire con profondo interesse la storia di Genny e Ciro è da ricondurre soprattutto allo stile inconfondibile, quasi esclusivo, della serie, la quale adotta sin da subito un linguaggio raffinato, lontano anni luce da tutti gli esperimenti seriali di matrice più territoriale realizzati fino a quel momento in Italia.
E ora che il cerchio arriva a chiudersi, con l’uscita dell’atto finale, della quinta attesissima stagione, ci si chiede che cosa ne sarà di queste storie e si tirano le somme su come gli autori abbiano deciso di mettere un punto. Partendo da un commento a freddo sui primi due episodi, disponibili su Sky Atlantic, il focus è su alcuni aspetti che sembrerebbero portarci a delle conclusioni molto precise su quello che vedremo scorrere a seguire.
La primissima sensazione che si prova a ritrovare quella storia, che tanto ed intensamente ha tenuto tutti incollati allo schermo, è paragonabile all’emozione di ritrovare qualcuno che ha sistematicamente accompagnato parte delle nostre giornate. Perché Gomorra, come forse poche altre serie, ha dato vita ad un genere specifico di spettatori devoti e vicini alle vicende narrate. Il senso di immedesimazione è totale, nonostante le situazioni estreme, nonostante i protagonisti (a cui non si può di certo attribuire la denominazione di “brave persone”).
Pertanto mai come in questo caso, il pubblico si pone in un ruolo delicato quale quello di attento osservatore, soprattutto dinnanzi alla stagione che chiude definitivamente il cerchio. Il piacere iniziale di ritrovare Genny e Ciro di nuovo assieme, lascia subito spazio all’incredulità di come questo ritrovato rapporto di amicizia (anche se parrebbe assomigliare a qualcosa di più forte) si scontri con una spasmodica sete di vendetta, in larga parte dimostrata da parte di Gennaro. Ed è di nuovo quell’intramontabile gioco di attacco e contrattacco, di colpi e contraccolpi, di amore che sfocia in odio, incontenibile odio.
I primi due episodi condensano in poco più di 50 min ciascuno, quello che chiaramente vedremo in forma più estesa più avanti, ossia Gennaro contro Ciro. E se le scelte effettuate nella fotografia e nella messa in scena riconfermano il potente tratto qualitativo della serie, quelle eseguite a livello di regia e sceneggiatura dimostrano delle piccole ingenuità o azzardando un po’ di più, di vere e proprie debolezze. L’azione a dispetto dello script, lo script a sua volta un po’ avulso dai concetti originari, dalla cornice dove tutto ebbe inizio. E la domanda sorge spontanea: quanto c’è ancora di Gomorra in questo quinto atto? Non ci resta che sperare nel migliore degli epiloghi.
Giada Farrace
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