Ci sono registi a cui non è possibile dire di no. Sebbene realizzino a volte dei film alquanto discutibili capaci di dividere persino il pubblico più fedele, in virtù della precedente aurea carriera restano forgiati come di una leggendaria intoccabilità che li giustifica da tutti i possibili fallimenti. Nulla di più controproducente per il settore cinematografico.
Crimes of the Future, presentato allo scorso Festival di Cannes, è un film di David Cronenberg che parla molto del suo cinema con numerosi richiami al suo passato, alle opere maggiormente emblematiche che lo hanno reso tra i registi più celebrati tra critica e pubblico. Il punto è che tuttavia non parla come dovrebbe al pubblico, anzi per dirla tutta, relega lo spettatore in una posizione scomoda e lontana. Questo concetto figurativo di lontananza fa riferimento nello specifico all’impossibilità di entrare in una linea narrativa monotematica e piuttosto difficile da seguire per uno spettatore medio, se si considera la gravosità di quasi tutte le scene.
La vicenda portata sullo schermo da Cronenberg è ambientata in una realtà distopica in cui gli individui non riescono più a percepire il senso del dolore fisico e questa condizione di impossibilità li porta continuamente a sperimentare il raggiungimento di esso tramite pratiche autolesionistiche molto forti, per non dire estreme. Conseguenza diretta di tutto ciò è un nuovo concetto di piacere e di arte, riassunto nella body performance che ha come perno il corpo, la sua profanazione e manipolazione tramite strumenti chirurgici.
Tra gli artisti più influenti e seguiti della scena c’è Saul Tenser (intrepretato da Viggo Mortensen), il cui corpo a cadenze cicliche sviluppa nuovi organi che vengono puntualmente asportati e mostrati con grande devozione dalla sua co performer Caprice (Lea Seydoux). Questi momenti di chirurgia spettacolarizzata sono effettuati con bisturi meccanici guidati da Caprice, suscitando estasi da parte del pubblico che fotografa e riprende la performance in modo quasi compulsivo. Siamo oltre il semplice voyerismo, più prossimi ad un’eroticizzazione dell’incisione, alla chirurgia quale sostituto dell’atto sessuale. Nonostante l’originalità dell’ambientazione e l’idea di oltrepassare i confini delle inibizioni, il film è incompleto per molti aspetti tecnici e non. Primo fra tutti come già esposto, il focus ossessivo sulle scene forti, sulla totale centralità del ventre aperto, del gore come motivo portante di ogni sequenza. E se ci si concentra con determinazione su elementi, molto estremi, si snobba completamente quella fetta di spettatori dotati di uno stomaco più debole.
Si potrebbe giustificare la scelta argomentando che il cinema di Cronenberg non è per tutti e non vuole parlare a tutti. Ma seguendo questo ragionamento il film dovrebbe essere distribuito solo ed esclusivamente in sale d’essai, cosa che non avviene affatto, ma anzi registra una distribuzione capillare ed estesa. Sotto l’aspetto tecnico, nonostante un impianto scenografico stupefacente che aderisce alla perfezione agli impulsi del film, i personaggi scorrono in modo sbiadito, senza mai ricevere alcun approfondimento. Ne risulta un quadro esteticamente conturbante, ma privo di profondità.
Non sappiamo quasi nulla sul loro passato né tanto meno riusciamo a comprendere il perché di alcuni gesti. Un assetto di protagonisti senza forma e senza nessun tipo di inquadramento. Nonostante ciò, molte sono state le ovazioni da parte di critica e pubblico, dunque per chi volesse farsi un’idea il film è nelle sale italiane dal 24 agosto.
Giada Farrace
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