Pochi prodotti seriali riescono a tenere incollati milioni di spettatori concedendo loro anche il privilegio di dimenticare l’artificio della finzione, la grande barriera dello schermo. Tra questi non possiamo non annoverare una serie raffinata e completa come L’amica geniale, prodotta dal portento di HBO.
Giunti alla terza stagione, è necessario affermare con un certo grado di certezza che siamo di fronte a qualcosa di davvero importante ed inusuale rispetto a tante altre realtà autoriali italiane. Questo perché il tessuto narrativo di questa serie è disseminato di tantissimi aspetti che ne determinano la grandezza, uno tra tutti la sincerità e la ricercatezza nel riproporre su schermo alcune sezioni del libro di Elena Ferrante da cui è tratta (piuttosto complicate per una serie trasmessa da un palinsesto generalista).
Pertanto, nella terza stagione ci si trova ad affrontare temi molto più sconfinati quali le continue lotte di classe, la situazione disperata dei dipendenti nelle grandi fabbriche e l’inizio del lungo processo di emancipazione della figura femminile nella società italiana. Un contesto storico delicato all’interno del quale la storia di Lila e Lenù si muove rapportandosi di continuo ad un periodo piuttosto faticoso, ma denso di grande cambiamento che oltre a scombussolare i costumi di un paese ancora fortemente legato al dominio patriarcale, scuoterà le vite delle due ragazze, oramai divenute donne.
Daniele Luchetti dirige una terza stagione fatta di tumulti e scontri, focalizzando sul rapporto di amore-odio tra le due amiche, inseparabili eppure così lontane e diverse tra loro, tendenti puntualmente a respingersi per poi riconciliarsi. L’abilità del regista risiede soprattutto nel saper parlare trasversalmente sia ai giovani sia ai più adulti, abbracciando una fetta di pubblico estesa e varia. E come solo Luchetti sa fare, il registro narrativo individuale viene alternato a quello contestuale, per mostrare quello che è stato il passato del nostro paese costellato da dure lotte per rivendicare i diritti delle fasce sociali più deboli. Una serie che senza ricorrere ad orpelli o virtuosismi stilistici, nella sua purezza si eleva a racconto pedagogico per far rivivere ciò che è stato di quegli anni. In onda dal 6 febbraio su Rai1 per quattro imperdibili serate.
Giada Farrace
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