Pochi autori cinematografici hanno raccolto aspre critiche e scetticismo gratuito quanto Paul Verhoeven. Pur avendo dimostrato di avere un personalissimo senso del cinema, raccontando ogni volta storie fuori dal coro per realismo ed estrema sagacia, il pubblico e gran parte della critica lo ha puntualmente sottovalutato. Forse troppo indecente? Forse troppo lontano dai canoni autoriali di tendenza? Probabilmente un modo di intendere il cinema audace e controcorrente, dettato soprattutto dal coraggio di portare avanti le proprie idee indipendentemente dalla legge del mercato e del politically correct. Verhoeven ora torna al cinema, con Benedetta girato nel lontano 2020, e che soltanto adesso viene distribuito in Italia, causa problemi di salute del regista e anche una certa dose di ostruzionismo dimostrata da tanti distributori. Il film ripercorre le vicende di un personaggio realmente vissuto nel XVII secolo, Benedetta Carlini, una giovane di origini aristocratiche che entra in convento per intraprendere il percorso monacale. Benedetta è una ragazza speciale, poiché sovente comunica con il Cristo avendo delle visioni estatiche, un fenomeno che nel convento genera stupore e adorazione. Tanto che a distanza di poco tempo la donna viene nominata Badessa del monastero in un clima di totale devozione e stima da parte di tutte le sorelle. Tuttavia a seguito dell’arrivo in convento di una giovane popolana di nome Bartolomea, sfuggita alle angherie del padre violento, Benedetta attratta dalla donna intraprenderà con essa una relazione di amore e passione. Questo rapporto saffico costerà a Benedetta le aspre accuse di blasfemia e tendenze peccaminose. Denunciato nel 2021, durante la sua presentazione a New York, dal gruppo cattolico The American Society of Tradition, Benedetta è un film che divide proprio per la sua natura inclassificabile. È difatti impossibile, definire in un certo genere quest’opera che rifugge qualsivoglia etichetta. Ciò che invece possiamo affermare con una certa dose di certezza, è che il film diretto da Paul Verhoeven è quanto di più aderente a quello che rappresenta la chiesa cattolica, simbolo di repressione sessuale dell’essere umano e principale affluente di ingenti fonti di denaro. Anche stavolta, il regista olandese si muove liberamente senza curarsi di censura, realizzando un film ruvido e grottesco con sequenze oniriche che sfociano quasi nel trash senza mai risultare banali. Al cinema dal 3 marzo, Benedetta è destinato a far discutere e dividere le masse come soltanto i grandi film riescono a fare.
Giada Farrace
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