Dopo i consensi ottenuti con i due precedenti lavori La terra dell’abbastanza e Favolacce, i fratelli d’Innocenzo tornano a dirigere un altro lungometraggio sempre di natura piuttosto analitica, cifra stilistica dei due registi romani.
Questa volta sullo schermo viene raccontata la vicenda di Massimo Sisti, un affermato dentista che vive, quella che dalla superficie appare come una vita tranquilla e agiata. L’uomo abita in una bellissima villa nei pressi di Latina assieme alla moglie e alle due figlie, e nulla fino a questo momento sembra scalfire quel dolce e prevedibile ritmo quotidiano.
Tuttavia, ben presto avverrà qualcosa che turberà nel profondo l’uomo, una presenza sinistra ed inquietante che lo porterà a scoprire una parte di sé che fino ad ora gli era sconosciuta. Si scrive dramma psicologico si legge fratelli D’Innocenzo e non è assolutamente un caso che America Latina sia il terzo di quella che si presuma sia una trilogia (a quanto dichiara lo stesso duo registico).
Perché questi particolarissimi autori hanno un loro modo di raccontarci il dramma personale, quel lato che l’essere umano tende a reprimere per gran parte della propria vita nella speranza che i propri fantasmi interiori possano evadere senza neanche doverli affrontare.
E invece gli spettri finiscono con l’emergere prepotentemente, arrivando a scatenare una catena di eventi che portano ad un ribaltamento del reale. Pertanto, questo profondo senso di inquietudine viene assorbito totalmente dagli ambienti all’interno della villa. Le stanze appaiono infatti quali involucri di significato, di un tratto psicologico comune a tutti personaggi, ossia l’ambiguità.
Deformi e oscure come molti comportamenti di quella che è la famiglia di Sisti, il quale ci appare come inglobato da molte situazioni. D’altronde l’atto di inglobare è qualcosa di insito persino nella natura stessa del film, che partendo da una direzione thriller molto vicina al dramma finisce per subire una contaminazione quasi horror portando lo spettatore fuoristrada, generando un effetto di inaspettato stupore. Ed è forse questo il tratto più personale dei D’Innocenzo, il loro discostarsi da qualsiasi tipo di etichetta, persino da qualsiasi tipo di classificazione di genere. Sicuramente lodevole.
Giada Farrace
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