All’alba del 6 febbraio 1945, dopo un processo veloce, più formale che sostanziale, Robert Brasillach (nella foto con Charles Maurras) fu fucilato nel vecchio forte di Montrouge, poco fuori la cinta esterna di Parigi. La condanna, di fatto, era già stata decisa a causa della simpatia dimostrata nei confronti dei regimi fascisti che avevano trascinato il mondo in guerra. Il clima del momento non consentiva deroghe alla decisione “politica” e a nulla valsero gli appelli di grandi uomini di cultura e non solo, per indurre Charles De Gaulle a concedergli la grazia. Dai loro nomi si intuisce facilmente che appartenevano a tutte le aree ideologiche esistenti, anche in forte contrapposizione. Vanno ricordati come testimoni di una vicenda che, ancora oggi, risulta controversa nelle sue infinite contraddizioni e sfaccettature, nonostante per loro fosse ben chiara: Brasillach poteva essere condannato moralmente per le sue idee, ma non doveva essere fucilato.
Accademia francese: Paul Valéry, François Mauriac, Georges Duhamel, Henry Bordeaux, Jérôme Tharaud, Jean Tharaud, Louis Madelin, Paul Claudel, Emile Henriot, Georges Lecomte, André Chevrillon, Thierry Maulnie, Claude Farrère, Jean Anouilh.
Accademia delle scienze: principe Louis de Broglie, premio Nobel per la fisica nel 1929.
Accademia delle scienze giuridiche e politiche: Firmin Roz, Marcel Bouteron, Frédéric Dard, André Lalande, Emile Bréhier, Jacques Bardoux, Charles Rist, Jacques Rueff.
Commedie francaise: Jacques Copeau, Jean Jacques Bernard, Jean-Louis Barrault, André Obey.
Académie Goncourt: Roland Dorgelès, André Billy.
Pittori: Georges Desvallières, André Derain, Maurice de Vlaminck, e Louis Latapie.
Albert Camus, filosofo, saggista, drammaturgo, giornalista, attivista politico; Jean Paulhan, scrittore, editore, critico letterario, autorevole esponente della resistenza antinazista; Paul Henry Michel, storico della filosofia; Germain Martin, ministro; Pierre Janet, Collège de France; Charles Dullin, attore e regista teatrale; Henri Pollès, scrittore; Jean Schlumberger, designer; Jean Cocteau, poeta, saggista, drammaturgo, sceneggiatore, disegnatore, scrittore, librettista, regista e attore; Jean Effel, pittore, caricaturista, illustratore e giornalista; Wladimir d’Ormesson, saggista, romanziere, giornalista e diplomatico; Marchel Achard, scrittore e drammaturgo; Gustave Cohen, storico della letteratura; Daniel-Rops, saggista e romanziere; Marcel Aymé, scrittore; Sidonie-Gabrielle Colette, scrittrice e attrice teatrale; André Barsacq, regista, scenografo e direttore teatrale; Gabriel Marcel, filosofo, scrittore, drammaturgo e critico musicale; Arthur Honegger, compositore.
Ma era del tutto innocente, Robert Brasillach? È lecito affermare che le idee non si processano, ma l’accusa concentrò la richiesta di condanna precipuamente sulle delazioni che consentirono ai tedeschi di scoprire e trucidare molti ebrei, esponenti della Resistenza e oppositori politici, dal poeta segnalati sulla rivista “Je suis parout”, con precise indicazioni per la loro cattura. Questo dato va sottolineato per amor di chiarezza, pur concordando sul fatto che la condanna a morte costituì una forzatura giuridica in funzione di altri episodi, ben più gravi, che però videro i colpevoli farla franca. Brasillach fu assassinato per le proprie idee, per ciò che aveva scritto. Uno dei capi della Polizia di Parigi, responsabile “materiale” della deportazione di tanti ebrei, se la cavò con la sospensione dal servizio per due anni. Altri redattori, responsabili di analoghe delazioni, non furono nemmeno incriminati. È tutta qui la polemica sulla sua morte. La discrepanza di giudizio in funzione della forza intrinseca di uomo culturalmente evoluto, capace di consegnarsi alle autorità per salvare la madre, arrestata proprio con l’intento di indurlo a costituirsi, insieme con il cognato, lo scrittore Maurice Bardèche. “Il talento è un titolo di responsabilità”, dichiarò De Gaulle per giustificare la mancata concessione della grazia. Un colpevole materiale di efferati crimini può essere assolto in ossequio ai principi di “perdono”, che afferiscono alla civiltà, ma guai a coloro che possono offuscare, con il loro pensiero, ancorché controverso, la luce di chi detiene il potere. Costoro sono pericolosi a prescindere e vanno eliminati. Il comunista Albert Camus, da Brasillach pesantemente sbeffeggiato nelle diatribe politiche e letterarie e vero gigante nell’universo culturale della sinistra, non ebbe alcuna remora nel dichiarare, dopo aver tentato invano di salvarlo: “Se Brasillach fosse ancora tra noi, avremmo potuto giudicarlo. Invece ora è lui a giudicarci”. La saggista statunitense Alice Kaplan, anche lei afferente al mondo della sinistra, autrice del prezioso saggio “Processo e morte di un fascista. Il caso di Robert Brasillach” (Il Mulino, 2003), scrive testualmente: “Si trattò di un verdetto esagerato e ingiusto (…) il processo era simbolico (…) un’esecuzione che consolidò il potere di De Gaulle”.
Oggi ricorre il settantacinquesimo anniversario di quella esecuzione “esagerata e ingiusta” e siamo tutti chiamati non tanto a commemorare un poeta quanto a interrogarci su come la cultura, quella che sovrasta le logiche dei politici, sia un elemento fondamentale nella gestione del potere, perché unico elemento che consenta di guardare oltre gli steccati della misera convenienza e valutare, con equilibrio e saggezza, anche le vicende più controverse scaturite dal comportamento umano.
Una riflessione tanto più necessaria quanto più, con il declino marcato della società e una rappresentanza politica affidata, su tutti i fronti, a soggetti di pessima qualità, oggigiorno si giunge a trattare da eroina la sbruffoncella che infrange una sequela impressionante di leggi e si spinge addirittura a speronare una motovedetta militare, rischiando di gettare ai pesci gli occupanti, e non si hanno remore nel mandare sotto processo un ministro che, in ossequio alle leggi del suo stato, adotta provvedimenti conseguenziali. Fortunatamente la pena di morte, almeno quella “ufficiale”, regolamentata dal codice penale, è stata abolita.
Lino Lavorgna
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