Usa vogliono muro (e lo fanno), Francia allarmata, Germania cauta
Bologna, 25 mag. (askanews) – La Cina, i sussidi che elargisce alle sue aziende, le politiche incuranti di libero mercato e tutela ambientale e il rischio che ora, con gli Stati Uniti che alzano nuovi dazi su auto elettriche e una molteplicità di tecnologie legate all’energia verde, l’eccesso di produzione del Dragone si scarichi in Europa, danneggiando posti di lavoro e aziende Ue, sono stati uno dei temi più dibattuti al G7 delle Finanze di Stresa.
Le mosse di Washington hanno “effetti collaterali” sugli altri, ha sintetizzato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, nella conferenza stampa al termine delle riunioni.
Le posizioni appaiono differenziate non solo tra Usa e Ue, ma sfumate anche all’interno della stessa Unione, viste anche le molteplici situazioni sull’interscambio, comunque intenso, tra ogni Paese e il gigante asiatico. Del resto lo stesso ministro italiano riconosce come “innegabile” il fatto che vi siano “punti di vista diversi su come affrontare la questione e le possibili ritorsioni”.
Il più attivista, nei due giorni di riunioni – intercalate da gite di gruppo sulle isole dello spettacolare Lago Maggiore, organizzate dalla presidenza italiana, che ha anche messo a disposizione delle delegazioni una flotta di Suv sportivi – è apparso il francese Bruno Le Maire, forse anche per una maggiore sensibilità sull’argomento, dato che oltre alle Finanze è anche titolare del portafoglio Industria nel governo transalpino. Ha incontrato la stampa in due diverse occasioni, in cui ha insistito sulla necessità di “una risposta comune forte” su questo nodo.
Ma non al punto di innescare “guerre commerciali”, ha puntualizzato, forse anche perché dopo gli attriti geopolitici con la Russia, le crescenti tensioni in Medioriente con la guerra innescata dagli attacchi terroristici di Hamas contro Israele, un nuovo fronte di scontro con Pechino potrebbe risultare particolarmente problematico. Ma ci sta un problema sui “modelli economici”. Secondo Le Maire il modello cinese “si basa sul produrre sempre più beni a basso costo che potranno essere venduti in Europa più che in qualunque altro mercato”.
E con i dazi Usa questo rischia di diventare una ondata che spazza quello che negli anni passati è stato fatto, faticosamente, in termini di ripristino di capacità di produzione industriale e di posti di lavoro.
Più sfumata è apparsa la posizione del tedesco Christian Lindner, che durante una pausa dei lavori, incontrando a sua volta la stampa, ha rilevato come in Europa (e forse non solo) “siamo pesantemente dipendenti da catene di approvvigionamenti diversificate su scala globale”. Già una prima puntualizzazione non proprio garibaldina. E poi ha aggiunto: “dato che le guerre commerciali hanno solo perdenti, non possono essere vinte”.
Per parte sua la commissione Ue, presente con il responsabile dell’Economia, Paolo Gentiloni ha parlato della necessità di una posizione comune Ue-Usa, che parta quantomeno dalla “informazione reciproca e la condivisione delle misure da prendere”.
Invece ad oggi la dinamica è sembrata più quella di una Washington che agisce per conto suo, incurante dei partner, e l’Ue e i suoi vari Paesi che, ex post, cercano di correre ai ripari.
La rappresentante degli Usa, Janet Yellen, segretario di Stato al Tesoro ha invece esortato gli alletati a fare muro contro l’eccesso ci capacità della Cina, che non supera soltanto il fabbisogno cinese ma tutto quello mondiale. Serve quindi appunto “un muro di opposizione a questa strategia”, ha detto.
Intanto, nero su bianco, il G7 – Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti – afferma che potrebbe prendere in considerazione misure per correggere le distorsioni. “Ribadendo il nostro interesse a una collaborazione bilanciata e reciproca, esprimiamo preoccupazioni sull’ampio uso da parte della Cina di politiche non di mercato e di pratiche che danneggiano i nostri lavoratori, la nostra industria la nostra resilienza economica”, recita il comunicato finale diffuso dalla presidenza italiana.
“Continueremo a monitorare il potenziale impatto negativo della eccessive capacità di produzione” cinesi “e prenderemo in considerazione passi per assicurare” un terreno di concorrenza paritetico, “in linea con i principi dell’Organizzazione mondiale del commercio” (il Wto).
Secondo Giorgetti dopo che gli Usa, prima con il controverso “Ira” (Inflation Reduction Act), poi con i nuovi dazi “hanno fatto la questo tipo di di politica”, si “impone una riflessione a livello europeo. Altrimenti il rischio è che l’Europa sia penalizzata due volte, prima dalla Cina, poi dagli Usa”. Quindi “deve essere avviata una cooperazione, uno scambio di vedute condiviso con i ministri competenti del commercio estero”.
Risulta poi opportuno menzionare qui un tema trasversale rispetto alle molteplici sfide geopolitiche in corso, quello delle capacità di difesa dagli attacchi e dalle minacce informatiche (cyber resilience), su cui il G7 delle Finanze ribadisce l’impegno a “rafforzare il sistema finanziario, anche nel contesto di accresciute tensioni e di minacce ibride”.
Su questo, il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta ha riferito della soddisfazione delle delegazioni per l’esercizio congiunto (stress test) effettuato il mese scorso dal G7 Cyber Expert Group. “Hanno verificato quale sarebbe la performance con un attacco cibernetico”, la procedura ha coinvolto le autorità italiane, Banca d’Italia, le banche tricolori “e c’è stata una generale soddisfazione sulla performance: un risultato positivo”.
Mentre tecnologie molto discusse come l’intelligenza artificiale – tema a cui il G7 di Stresa ha dedicato una particolare attenzione – e il quantum computing aprono nuove opportunità, ma anche nuove sfide e insidie.