Inaccettabile: sono pratiche sleali. Intervengano autorità
Roma, 20 mag. (askanews) – Nella settimana in cui è stato pubblicato il DL Agricoltura, per recepire una serie di legittime istanze avanzate dal mondo agricolo, una importante catena distributiva promuove la vendita di frutta e verdura a 0,99 al pezzo o al kg. La tempistica di questa pubblicità solleva preoccupazioni significative e interrogativi importanti sulle dinamiche del mercato agroalimentare, denuncia in una nota Fruitimprese.
“Promuovere frutta e verdura a un prezzo così basso – commenta Giancarlo Minguzzi, presidente Fruitimprese Emilia Romagna e n.1 della omonima OP di Alfonsine (RA) – potrebbe sembrare vantaggioso per i consumatori, ma nasconde problematiche profonde che riguardano la sostenibilità economica e sociale del settore agricolo. Vendere prodotti a prezzi inferiori ai costi di produzione danneggia gravemente le imprese agricole, che si trovano in una posizione di debolezza contrattuale rispetto alle grandi catene di distribuzione. Questa debolezza è amplificata dal fatto che i prodotti agricoli, essendo deperibili, devono essere venduti rapidamente, spesso a qualsiasi prezzo, per ridurre le perdite”.
La questione della debolezza contrattuale dei produttori rispetto ai distributori è cruciale. “I prodotti industriali, che hanno una maggiore durata e possono essere stoccati per periodi più lunghi, non sono soggetti alla stessa pressione di vendita – aggiunge – Questo rende le imprese agricole particolarmente vulnerabili a pratiche commerciali sleali, come quelle che il DL Agricoltura cerca di contrastare. La nuova normativa intende creare un equilibrio più giusto nel mercato, garantendo che i prezzi di vendita riflettano i costi di produzione e impedendo che i produttori siano costretti a vendere sottocosto”.
La pubblicità della catena distributiva appare quindi in aperto contrasto con l’intento del provvedimento, continua Minguzzi. “Promozioni sottocosto, come questa, fanno capire che le pratiche sleali sono ancora diffuse. La questione minaccia la sostenibilità economica dei produttori, che sono costretti a competere in un mercato dove i grandi distributori dettano le regole. Le imprese agricole, incapaci di coprire i propri costi, rischiano di essere espulse dal mercato, portando a una maggiore concentrazione del potere economico nelle mani di pochi grandi attori. Questo non solo riduce la varietà e la qualità dei prodotti disponibili ai consumatori, ma mina anche l’economia locale e la resilienza del settore agroalimentare”.