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Coupe de Chance, l’apologo sulla ferocia della sorte raccontata in chiave tragicomica

AutoprodottiCoupe de Chance, l’apologo sulla ferocia della sorte raccontata in chiave tragicomica

Se c’è una cosa che è ben chiara a Woody Allen è che il suo pubblico ama le storie impossibili, quelle che tengono col fiato sospeso ancor meglio se trainate da un triangolo amoroso capace di provocare delle tempeste emotive. Altrettanto evidente è l’ossessione del suo pubblico nei confronti di Match Point. Lasciando da parte lo stampo drammatico che presentava un film come quello, Allen decide ora di narrare una storia spaccata in due che ha tutte le carte in regola per essere considerata una tragicommedia.

Come da tradizione nell’ipertesto alleniano, Coupe de Chance,  ruota attorno al concetto di fortuna e possiede un filo conduttore ben preciso: ossia come il caso spesso, sia motivo e risultato di determinate scelte nella vita di un essere umano. Nel film, Fanny e Jean sono marito e moglie, fanno parte di quell’aristocrazia parigina che si divide tra vernissage e gite in campagna sublimate da tanto di caccia al cervo.

Una vita agiata, piena di lussi e rapporti formali, come il loro d’altronde, apparentemente impeccabile e affettuoso, ma molto poco appassionato. Quando Fanny un giorno incontra per caso un vecchio compagno di liceo Alain, la sua vita subisce un improvviso dirottamento, e i due finiscono per innamorarsi perdutamente, senza indugiare troppo sulle conseguenze di questa travolgente passione.

Alain è esattamente ciò che Fanny ha sempre desiderato in un uomo, capace di dosare bene attrazione e dialogo e di stabilire una perfetta simbiosi tra cuore e mente. Tuttavia, Jean, sospettoso della distrazione di Fanny e del suo strano modo di sfuggire al suo abituale controllo, cercherà in ogni modo di scoprire cosa si nasconde dietro tanto mistero arrivando ad ingaggiare un detective privato. Come nelle tragedie greche, la sorte giocherà il suo tiro e quell’incontro fortuito tra Fanny e Alain sconvolgerà per sempre gli equilibri esistenziali dei tre.

Presentato fuori concorso all’ottantesima Mostra del Cinema di Venezia, Coupe de Chance alterna con perfetto equilibrio momenti di suspense a scene romantiche e deliziosamente sognanti. Il cast è perfetto e credibile tanto da rendere questo racconto (non particolarmente ricco di originalità) leggero, ma allo stesso modo tagliente condensato in una rete di dialoghi impeccabili che soltanto un film di Allen può regalarci.

Menzione a parte per l’impianto fotografico del film, che rappresenta forse l’aspetto più incantevole. Storaro, di cui Allen si fida ciecamente, qui gioca ad una dicotomia cromatica che avvicenda due ambienti diametralmente opposti e cioè quello dell’appartamento di Jean e Fanny, e quello della piccola ed accogliente mansarda bohémienne di Alain.

Tra questi Fanny si muove sinuosa, cambiando scenario e luce. Se il blu e il viola incorniciano il rapporto freddo e borghese tra i due coniugi, l’ocra e l’arancio prendono il sopravvento per raccontare la nascita di quel febbrile sentimento amoroso tra Fanny ed Alain.

La luce che investe i due amanti è qualcosa di vicino al bagliore della vita, capace di irradiare energia e ardore. Soltanto da Vittorio Storaro ci si può aspettare di comprendere un’emozione attraverso la luce, di leggere e seguire le traiettorie emotive dei personaggi. Non è mai orpello, non è mai cornice esterna. Coupe de Chance è dunque un film leggiadro e scorrevole che si segue con estrema facilità, con un finale che tiene tutti col fiato sospeso.

Giada Farrace

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