Per attività di locazione turistica relativa alle prime case
Roma, 24 mag. (askanews) – Non è incostituzionale la previsione regionale della Valle d’Aosta di un periodo massimo di durata dell’attività di locazione turistica relativa alle prime case. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n.94, depositata oggi.
Secondo la Consulta “l’art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, della legge della Regione Valle d’Aosta 18 luglio 2023, n. 11 (Disciplina degli adempimenti amministrativi in materia di locazioni brevi per finalità turistiche), nella parte in cui fissa in centottanta giorni la durata massima dell’attività di locazione degli alloggi a uso turistico costituiti da “camere arredate ubicate in unità abitative rientranti nella categoria di destinazione d’uso ad abitazione permanente o principale” (prima casa), non concerne la disciplina della durata dei contratti di locazione turistica breve e, quindi, non incide sulla materia dell’ordinamento civile, riservata dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., al legislatore statale”.
La Corte ha rigettato la questione sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, affermando che con la disposizione impugnata il legislatore regionale – nell’esercizio della competenza primaria in materia di urbanistica a esso affidata dall’art. 2, primo comma, lettera g), dello statuto speciale – ha inteso concretizzare quanto già stabilito nella legge urbanistica regionale. La Regione, infatti, ha configurato come mutamento di destinazione d’uso dell’immobile, da abitazione principale (prima casa) ad abitazione temporanea (seconda casa), l’impiego di parti dello stesso (le “camere arredate”) a fini di locazione turistica breve per un tempo superiore a centottanta giorni annui, ritenendolo corrispondente a un uso “non puramente occasionale e momentaneo”, in linea con gli artt. 73 e 74 della legge urbanistica regionale.
Il superamento di tale durata non comporta, invece, alcun “pregiudizio per la validità e l’efficacia dei contratti stipulati tra i privati”, che “restano disciplinati dalle previsioni del codice civile a norma dell’art. 53 del d.l. n. 50 del 2017, come convertito”.