di Lino Lavorgna*
Nella prima parte di questo articolo sono riportati i quesiti referendari approvati dalla Consulta (nella foto la sede). La lettura, a mano a mano che si acquisisca consapevolezza di non comprendere una beata mazza, può generare crisi di identità, crollo dell’autostima e sospetti di un calo improvviso del quoziente di intelligenza. Chi dovesse provare queste sensazioni può stare tranquillo: i quesiti sono incomprensibili anche a chi li abbia redatti. Non a caso la Consulta ha rigettato quello predisposto per la legalizzazione delle droghe perché, fortunatamente, è stato scritto con i piedi: con il vento che tira se fosse stato approvato si correva un serio rischio di vederlo prevalere. In molti soggetti dediti alla lettura dei quesiti sono stati registrati, altresì, crampi allo stomaco, diarrea, stipsi e altri problemi legati all’apparato digerente. Ai soggetti predisposti a siffatte patologie, pertanto, si sconsiglia vivamente la lettura dei quesiti e saltare direttamente alle note esplicative, ferma restando la soluzione migliore, che è quella di evitare proprio la lettura di questo articolo e ricordarsi solo di votare NO, quando sarà il momento di recarsi alle urne.
LE DECISIONI DELLA CONSULTA
Diciamo subito che, tutto sommato, è andata meglio di quanto la parte sana del Paese sperasse. Si guardava con particolare apprensione a quelli sulla liberalizzazione della cannabis e sulla responsabilità civile dei giudici. Il primo avrebbe aumentato il già grave degrado sociale, per il quale va invece auspicata una inversione di tendenza, ancorata a un maggiore rigore e alla sensibilizzazione, soprattutto dei giovani, verso valori più solidi di quelli effimeri e nocivi prepotentemente affermatisi negli ultimi decenni; il secondo avrebbe “intimorito” i giudici, creando ulteriore “vantaggio” per i delinquenti, che già possono contare su molte leggi varate ad hoc per il loro esclusivo beneficio.
Bocciato anche quello impropriamente denominato sull’eutanasia e che invece contemplava la possibilità dell’omicidio del consenziente, indipendentemente dalla sua condizione, lasciando impunito l’autore dell’omicidio. Roba da far venire i brividi.
Questi tre referendum sono stati bocciati e quindi, per il momento, soffermiamoci su quelli approvati.
I QUESITI
RIFORMA DEL CSM
«Volete voi che sia abrogata la Legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’articolo 23, né possono candidarsi a loro volta”?»
È chiaro il quesito? Non dite di no, altrimenti con quelli successivi, qualora doveste realmente cimentarvi nella lettura, finite al manicomio. Si tratta del procedimento per l’elezione dei membri togati del Consiglio Superiore della Magistratura. La norma vigente richiede che l’aspirante candidato raccolga le adesioni di almeno 25 magistrati “presentatori”. L’abrogazione della norma consentirebbe al singolo di presentare la propria candidatura senza ricercare preliminarmente il supporto dei colleghi. La ratio sarebbe quella di limitare il peso delle correnti nella individuazione dei candidati.
Che dire? In linea di principio si può anche essere d’accordo, ma sperare che basti questo per frenare il peso delle correnti è un po’ come sperare che i no vax ultracinquantenni corrano a vaccinarsi solo perché rischiano di beccarsi una multa di cento euro.
EQUA VALUTAZIONE DEI MAGISTRATI
«Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 (Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei Consigli giudiziari, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005 n. 150), risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 8, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 7, comma 1, lettere a)”; art. 16, comma 1, limitatamente alle parole: “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 15, comma 1, lettere a), d) ed e)”?»
È più facile spiegare la relatività di Einstein che entrare nel merito di questo quesito. Semplifichiamolo al massimo, quindi, dicendo che se venisse abrogata l’attuale legge i magistrati potrebbero essere “valutati” anche dagli avvocati che “difendono” i criminali da loro perseguiti. Sembra una barzelletta che non fa ridere, ma è una cosa maledettamente seria.
SEPARAZIONE DELLE CARRIERE (Concedetevi una pausa prima di andare avanti e preparatevi un buon caffè).
«Volete voi che siano abrogati: l’“Ordinamento giudiziario” approvato con Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 192, comma 6, limitatamente alle parole: “, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura”; la Legge 4 gennaio 1963, n. 1 (Disposizioni per l’aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 18, comma 3: “La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato scrutinato, se è idoneo a funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle altre”; il Decreto Legislativo 30 gennaio 2006, n. 26 (Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n. 150), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 23, comma 1, limitatamente alle parole: “nonché per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa”; il Decreto Legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 11, comma 2, limitatamente alle parole: “riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti”; art. 13, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: “e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa”; art. 13, comma 1, limitatamente alle parole: “il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,”; art. 13, comma 3: “3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non è consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, né con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall’interessato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell’ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché’ sostituendo al presidente della corte d’appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima.”; art. 13, comma 4: “4. Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all’interno dello stesso distretto, all’interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado può avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento.”; art. 13, comma 5: “5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l’anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche.”; art. 13, comma 6: “6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all’articolo 10, commi 15 e 16, nonché, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso articolo 10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa.”; il Decreto-Legge 29 dicembre 2009 n. 193, convertito con modificazioni nella legge 22 febbraio 2010, n. 24 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 3, comma 1, limitatamente alle parole: “Il trasferimento d’ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, previsto dall’articolo 13, commi 3 e 4, del Decreto Legislativo 5 aprile 2006, n. 160.”?»
Qui siamo ben oltre la complessità della relatività di Einstein e pertanto limitiamoci a scrivere, semplicemente, NO. No per una serie infinita di validi motivi, a prescindere dal fatto che l’ordine giudiziario unico fra PM e giudici è sancito dalla Costituzione e quindi non si cambia coi referendum abrogativi. (E non si comprende, quindi, come mai la Consulta non abbia bocciato anche questo quesito).
LIMITI AGLI ABUSI DELLA CUSTODIA CAUTELARE
«Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447 (Approvazione del codice di procedura penale), risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché’ per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni.”?»
Questo è un quesito che “offende” le persone per bene già nell’intestazione. Parla di “abusi” della custodia cautelare in un Paese che è famoso per la diffusa impunità dei delinquenti! Per prima cosa, pertanto, è opportuno rivolgere un doveroso e affettuoso pensiero a tutte le vittime della “leggerezza giudiziaria” e ai loro parenti, soprattutto a coloro che si sono visti assassinare persone care da criminali improvvidamente rimessi in libertà. Se dovesse prevalere il SÌ , per esempio, non sarebbe più possibile sottoporre a custodia cautelare in carcere i colpevoli di finanziamento illecito ai partiti. Pericolosi delinquenti, tra i quali ladri, scippatori, bancarottieri, evasori, frodatori, corrotti, corruttori, concussori, truffatori, stalker verrebbero fermati e scarcerati dopo 48 ore. Norme folli concepite ad arte per favorire i delinquenti. Perché anche i delinquenti votano e in Italia sono davvero tanti.
ABOLIZIONE DEL DECRETO SEVERINO
«Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190)?»
L’intento è molto chiaro: consentire anche ai condannati per gravi reati di candidarsi alle elezioni. I delinquenti “pretendono” di entrare direttamente nelle stanze del potere e le attuali norme costituiscono un ostacolo alle loro pretese. Ovviamente loro si fanno beffe dell’articolo 54 della Costituzione, che impone “disciplina e onore” a chi ricopra cariche pubbliche.
NON FACCIAMOCI DEL MALE. DIPENDE TUTTO DA NOI.
Si vota in una data compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno 2022. Presumibilmente si voterà nel mese di maggio. I cinque referendum saranno validi se si recherà a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritti al voto e gli elettori avranno la possibilità di rifiutare una o più schede, in modo da non influire sul quorum della consultazione rifiutata.
Tutto ciò premesso, da quanto sopra esplicitato è ben chiaro che chi abbia a cuore una “GIUSTIZIA GIUSTA” non può che auspicare la vittoria del NO. La Giustizia richiede senz’altro una seria e severa riforma, ma non certo secondo le prospettive care ai promotori dei referendum.
Come comportarsi, pertanto? La soluzione migliore sarebbe quella di far fallire l’iniziativa boicottando il voto, in modo che non si raggiunga il quorum. Gli elettori, pertanto, dovrebbero seguire l’andamento del voto nell’arco della giornata elettorale fino alle ultime ore utili per recarsi alle urne. Qualora nel tardo pomeriggio fosse ben evidente una scarsa affluenza alle urne, tanto vale restare a casa. Se invece si avesse sentore che il quorum potrebbe essere raggiunto, occorrerebbe precipitarsi al seggio e votare secondo la propria buona coscienza. Ossia, scrivere un bel NO sulle schede.
*Presidente del movimento politico “Europa Nazione”
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