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Bonus 110%: in galera i farabutti e si tutelino le persone perbene

Il popolo italiano, disse qualcuno, è un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori. Il riferimento ai pensatori sicuramente riguardava i tanti filosofi che, dal tempo dei Romani in avanti, tanto lustro hanno dato al Paese, senza considerare, però, che il termine avrebbe acquisito maggiore consistenza con un’altra categoria di pensatori, da molti decenni predominante rispetto a un pensiero filosofico in crescente decadenza: “i pensatori di truffe”. In nessun Paese al mondo, infatti, i truffatori riescono a raggiungere la capacità inventiva degli italiani.

È davvero una bella idea quella del bonus 110% (“è” e non “era” perché non bisogna arrendersi alla pur drammatica evidenza che ne ha determinato il blocco e occorre combattere con ogni forza per rendere il progetto di nuovo fruibile a “tutti” coloro che ne abbisognano), che consente di modernizzare le abitazioni con quegli elementi in grado di ridurre sensibilmente i costi energetici, rendendole contestualmente più confortevoli. Nemmeno gli scrittori dotati di più fervida fantasia, però, sarebbero stati capaci di inventare le trame delle truffe subito poste in essere da un esercito di farabutti, responsabili di quel blocco che sta mandando in tilt un intero settore.

Tutto nasce grazie alla formula che prevede l’erogazione del beneficio con la cessione dei crediti d’imposta, perché in Italia siamo campioni nel rendere difficili cose facili: sarebbe bastato disporre l’erogazione dell’importo, in forma figurata e quindi senza nessun esborso effettivo, direttamente al soggetto beneficiario del bonus, previa approvazione del progetto dopo accurati controlli di legittimità e successivi controlli nell’esecuzione dei lavori, per evitare ogni problema alla fonte.

L’impresa scelta, di fatto, che avrebbe dovuto dimostrare preventivamente all’ente di controllo di essere in regola, di “avere una propria storia” e soprattutto che la storia non fosse inficiata dalle note “italiche distonie”, avrebbe ricevuto la somma erogata dal cliente, emettendo regolare fattura e sottoponendosi ai relativi oneri, come per qualsiasi altro lavoro.

Ovviamente anche in questo caso qualche truffa si sarebbe resa possibile, perché la fantasia degli italiani è infinita, ma con severi controlli “preventivi e successivi”, e soprattutto coinvolgendo nella responsabilità penale i beneficiari del bonus, i rischi sarebbero stati davvero minimi.

Abbiamo visto, invece, cose “che noi umani non avremmo mai potuto immaginare”, come disse il replicante di un celebre film: interi nuclei familiari – alcuni privi di reddito – hanno fatto molteplici acquisti di crediti per oltre tre milioni di euro;  un  pakistano, privo del contratto di locazione valevole per l’agevolazione e senza aver presentato dichiarazioni fiscali negli ultimi due anni, “è stato in grado” di cedere crediti per oltre sedici milioni di euro; un senzatetto ha dichiarato di aver comprato sei milioni di euro di crediti bonus facciate da un altro soggetto, anch’egli nullatenente e sconosciuto al fisco;  un tizio privo di reddito, ospite di un centro di recupero, ha aperto una partita Iva come procacciatore d’affari e ha tentato di cedere a un intermediario finanziario oltre 400mila euro di crediti fittizi, poi venduti a una società di costruzioni; una pletora di società neo costituite ha pubblicizzato “monetizzazioni veloci dei crediti d’imposta per bonus edili” e non occorre essere maghi per comprendere cosa potessero celare, nella realtà, siffatte operazioni.  

Il Governo è corso ai ripari con restrizioni sulla cessione dei crediti d’imposta che dovrebbero impedire le truffe. L’intero settore, però, è nel caos più totale anche per le speculazioni poste in essere dai fornitori che, dopo essersi approvvigionati per tempo di materie prime con costi equi, le stanno immettendo sul mercato con un sovrapprezzo sproporzionato, che sta mandando letteralmente in crisi le imprese edili che avevano effettuato preventivi basandosi sui vecchi prezzari. Un grande casino, insomma, che prevede interventi radicali, non solo di natura “amministrativa” ma anche e soprattutto di natura “repressiva”.

Va anche detto, infatti, che il fronte delle truffe è ben più esteso e riguarda anche molti tecnici che, approfittando della complessità della materia, hanno esposto il progetto a ignari clienti in modo tale da “espugnare” somme di danaro non dovute  solo per “avviare la pratica”.

In buona sostanza l’intera normativa è da rivedere con una semplice formula di base: si colpiscano duramente i farabutti e si tutelino le persone perbene.

La data di scadenza per la fruizione dell’ecobonus va estesa se non proprio sine die almeno per il tempo sufficiente a “mettere ordine nel caos” e questo vuol dire tutto il 2023 e forse anche il 2024. Il provvedimento, poi, deve riguardare anche le abitazioni unifamiliari e non solo i condomìni.

È semplicemente pazzesco, infatti, destinare le risorse a costruzioni realizzate negli ultimi venti o trenta anni, già in parte munite degli accorgimenti che il progresso ha messo a disposizione in tema di ecosostenibilità, escludendo da ogni beneficio case con cento anni di età e  quindi molto più bisognose di interventi protesi a renderle ecosostenibili.

 Più di ogni altra cosa, comunque, si sbattano in galera i truffatori e si buttino le chiavi.

                                                                           Lino Lavorgna

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