Ieri mattina, a Forlì, nella chiesa dei Cappuccini, si sono svolti i funerali di Monica Buzzegoli, seconda moglie di Vittorio Mussolini, secondogenito del duce, deceduta all’età di 91 anni. Al termine del rito funebre la salma è stata portata a San Cassiano, la frazione di Predappio che ospita la cripta della famiglia Mussolini.
Monica Buzzegoli aveva sempre espresso il desiderio di riposare accanto al marito, sepolto in un sarcofago insieme con la prima moglie, Orsola Buvoli.
In rappresentanza della famiglia Mussolini erano presenti Caio Giulio Cesare, Orsola e Vittoria (Viky), figli di Guido, il primogenito di Vittorio morto nel 2012, che hanno rispettato il desiderio di Monica.
Vittorio viveva nella capitale argentina dalla fine della guerra e quando conobbe Monica era già separato dalla prima moglie. La famiglia Buzzegoli, originaria di Vinci (la città di Leonardo), era emigrata in Argentina, a Rosario, dove Monica nacque nel 1930. Studiosa di lirica, la donna incontrò Vittorio, nel 1964, in un ristorante nei pressi del teatro Colon, dopo le prove di uno spettacolo. Fu amore a prima vista e nel 1967 i due amanti fecero ritorno in Italia.
Dopo aver dimorato prima a Roma, ospitati da Mimmo Musti, (il co-pilota che era a fianco di Bruno, fratello di Vittorio, il 7 agosto 1941, giorno in cui l’aereo precipitò e il giovane perse la vita) e poi a Milano, nel 1968 si trasferirono a Villa Carpena, alle porte di Forlì, dove già soggiornava donna Rachele, morta nel 1979. Nel 1997 morì Vittorio e Monica rimase nella villa fino al 2001, anno in cui fu trasformata in museo dal nuovo proprietario. Trasferitasi nel centro di Forlì, ha dimorato in viale della Libertà, ossia la strada che, durante il Ventennio, era intitolata al suocero. Fino agli ultimi istanti di vita è stata amorevolmente accudita dalla badante romena Joanna e da alcune amiche fidate, sempre pronte a non farle pesare più di tanto le precarie condizioni economiche.
La conobbi nel 1983, quando venne a Caserta in compagnia del marito e del cognato Romano. Come tutti i giovani di quel periodo, o quasi tutti, coltivavo i sogni impossibili nella militanza politica che vedeva contrapposte una destra e una sinistra ancora per molti versi prigioniere delle ombre di un ingombrante passato e per nulla disposte a dare credito a pochi illuminati capaci di regolare i conti con la storia e approcciarsi al futuro con nuove prospettive.
Per i ruoli ricoperti toccò a me organizzare alcuni eventi durante il loro soggiorno, avendo l’opportunità di entrare in spaccati di vita molto interessanti e pregni di umanità, che lasciavano trasparire un profondo solco di malinconia solo in parte mitigato dal solido legame che li teneva uniti. Non è mai facile vivere con il peso di certi cognomi sia per chi li porti sia per chi, per debito d’amore, dei primi ne condivida la sorte.
Lino Lavorgna
(nella foto scattata nel 1983 Monica Buzzegoli con l’autore dell’articolo)
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